una delle delizie del fine settimana appena trascorso è stato immergersi nella lettura dell’articolo/intervista realizzato da David Keenan in direzione dell’universo di Peter Brötzmann apparso sul numero 345 della rivista The Wire.
il percorso è stato impervio, fangoso, ruvido, persino freddo. ma benefico come una doccia gelata, come un bicchiere di distillato ingoiato a bruciapelo. sentiero difficile è rude quello di Peter Brötzmann fatto di solitudini ed anarchia, di suono irrascibile, arcigno. ma la sua traiettoria sa avanzare in modo carnale, brillare di viscera e di urgenza, di febbrile desiderio di vita, agra e splendida.
tengo a malapena aggiornato la quantità delle collaborazioni di Peter Brötzmann a causa della sua febbrile attività, per cui ho strabuzzato gli occhi quando la mia insaputa ha sbattuto il naso nel nome di Jason Adasiewicz (di cui già si parlò qui e qui). un duo Brötzmann / Adasiewicz: possibile? due click e l’epifania è servita.
sarei davvero curioso sapere dove e come i due si siano incontrati, ma, nell’attesa di scoprirlo, mi godo la conferma di questa collaborazione rimbalzando fra la mezza dozzina di siti carbonari che seguo e non fanno altro che confermarmi la notizia. fino a pochi giorni fa impegnati in un mini tour statunitense i due si aggirano randagi nello spazio occidentale ancora in grado di ospitare concerti come il loro. vendono a fine concerto un disco (per ora l’unico) realizzato per la Brö Records e distribuito via Eremite: è la registrazione di un concerto tenuto l’8 giugno del 2011 all’Abrons Art Center di New York. 3 brani in tutto. Peter Brötzmann all’alto e al tenore, nonché al clarinetto e al tarogato. Jason Adasiewicz al vibrafono con tutto l’apparato percussivo di ammenicoli in grado di accarezzare (o violentare) il suo strumento.
Going All Fancy (Brö Records, 2012) è questo incunabolo di crude preghiere innalzate alla divinità dell’improvvisazione. nudità di metalli, asprezze ad arrugginire note con saliva e sudore. Adasiewicz percuote e srotola un tappeto algido su cui Peter Brötzmann innerva quel suo fraseggio aspro e disperato. poi si guardano e si scambiano gli assoli ulcerando il suono di acido e malatamente sognante. un disco difficile come lo è tutta la discografia di Peter Brötzmann. difficile non vuol dire inafferrabile: difficile è la fatica di raggiungere un suono e delle vette di radicalità per poi guardarsi indietro a sentire l’orgoglio della fatica. la stessa fatica che ci viene richiesta a noi ignari auscultatori tenuti all’oscuro dalle traiettorie improbabili che i due si scambiano da dietro le trincee dei loro strumenti.
Ben Ratliff, il giornalista del New York Times che ha scritto le note sul sito dell’etichetta, racconta di aver visto il duo nel locale Le Poisson Rouge preceduto da un set dei due compagni di etichetta Joshua Abrams e Chad Taylor.
ora so cosa chiedere a babbo natale nella mia letterina.
buon ascolto
Peter Brötzmann & Jason Adasiewicz Going All Fancy
alcune volte mi capita di scaricare un album ,tentare di scompatarlo e ricevere come risposta che nessun archivio è stato trovato, anche in questo caso è andata così.
suggerimenti?
dischissimo…caro borg.
Gran bella coppia.
Un autentico lavoro anarcoide…
imprendibili…senza padroni come i gatti.