nel 2009 ho ascoltato così tanta musica che il miglior auspicio che possa farmi per l’anno appena iniziato è di ascoltarne almeno altrettanta. è definitivamente esplosa e si è cronicizzata la mia inguaribile esigenza di ascoltare, scoprire e curiosare attorno al mondo dei suoni: avrei già potuto saperlo all’età di 6 o 7 anni, ci è voluto un poco di più, ma ci sono arrivato comunque.
continuo irrimediabilmente ad ascoltore di tutto, oltre i generi, il tempo e molto spesso oltre quelli che pensavo fossero i miei gusti. mi muovo senza confini in un territorio apparentemente immenso con una bussola rodata e parzialmente arrugginita: riescono a darle noia solamente l’opera, il noise estremo e chi fa finta – ciò che resta mi trova disponibile.
annata di termine e di passaggio verso la decina successiva, chiave cruciale verso ciò che sarà: mi permetto l’artificio di individuare grandi aree dei miei ascolti per trarre fuori una decina di dischi che tenteranno di tratteggiare l’anno oramai fuggito.
vecchi leoni
non hanno mancato di ruggire e di far sapere ai cuccioli riottosi chi ancora detiene regale discendenza e venerabile conoscenza: Bob Dylan segna ancora svogliatamente il tempo, Tom Waits ha preso una tangente irraggiungibile per chiunque, Leonard Cohen deve aver scoperto qualche fonte miracolosa di purezza, Joe Henry studia per divenire gigante, Lee Perry è caduto nel dub da piccolo e non abbisogna che di una miccia per riappicciarsi, Ramblin’ Jack Elliott è l’unico credibile zio d’America e David Sylvian è il santone della mia religione silenziosa (ammesso che io ne abbia una).
ma il vero ruggito giunge dalla culla della civiltà etiope, sorvola questo tempo distratto e si pone, viscerale e siderale, nel groove ipnotico del tempo che verrà: un vero ponte sotto al quale ci si deve ritenere fortunati di esser potuti passare.
cantautorato adulto
amo la canzone costituita di quel niente che è capace di mettere in piedi il cantautorato, quello adulto e consapevole. i bardi di questa dottrina non hanno mancato di distinguersi: stavo per dire che Vic Chessnutt aveva raggiunto l’apogeo del suo songwriting ma lui non ha più avuto voglia di ascoltare. poi Bonnie ‘Prince’ Billy che non ci fa mancare la messe annuale di bellezza, Bill Callahan che non vorrei citare da fan geloso di condividere, Brian Blade che mi ha sorpreso, James Yorkston & The Big Eyes Family Players che sarà bene i vecchi nostalgici di certo folk non perdano d’occhio e Richard Hawley che ammansisce le mie disparità.
ma il debutto di questo fanciullo imberbe ha sbaragliato la concorrenza: oscure profondità stracolme di bellezza, strutture sghembe e notturne, una voce perfetta per cantare canzoni perfettamente diverse. sta ancora crescendo ascolto dopo ascolto e io non posso che attendere un seguito.
l’altra metà del cielo
alla fine è sempre una donna che ti frega! chiosava un qualche western di cui non ricordo più titolo o circostanze: le pulzelle della canzone non hanno mancato di moltiplicarsi e di incantare così come da molti anno accade. la scoperta di Tiny Vipers va accolta con letizia, Hope Sandoval ha sposato notte e oscurità e trova le mie felicitazioni, Elysian Fields hanno quel fare ruffiano e sornione al quale finisco per cedere, Tara Jane O’Neil è alla ricerca del volo definitivo verso la consacrazione e Alela Diane prova ad imitarla.
ma io sono cocciutamente innamorato di una maniera antica di salmodiare canzoni, di una grazia goffa da albatros e di un folk ancestrale ancora per oggi inarrivabile. specchio, specchio delle mie brame…
afrolatinamerica
quel grande bacino culturale che ha l’oceano atlantico come confine continua a fluttuare e ad alzarsi con le maree. le sponde di quel luogo rimbalzano suoni che si intensificano e si mischiano da secoli. parlano la lingua del paese più ad ovest d’europa.
Caetano Veloso porta la bandiera, Maria Bethânia l’orgoglio muliebre della tradizione, Yoñlu è la promessa che ha voluto negarsi, Cesaria Evora la musa di una saudade sciabordante, Bonga l’entusiasmo mai domo e Deolinda la declinazione più giovane del vecchio continente lusitano.
ma il giaggiolo più sorprendente e iridescente rinasce ogni volta da una nuova marea, da una nuova generazione figlia di uno dei più importanti patrimoni folclorici popolari: ed è meraviglioso!
afrique
la terra madre non smette di chiamare, di ingigantirsi all’orizzonte dell’occidente idiota e perduto. da laggiù (lassù?) provengono battiti cardiaci ancora veri, entusiasmi antichi e segreti inattesi. Bassekou Kouyate ha realizzato un disco ancor più bello del precedente e come abbia fatto non pretendo di saperlo, ho visto Oumou Sangare incarnare l’orgoglio e la fierezza delle donne africane e lo Staff Benda Bilili sovvertire l’ordine del fato e del destino. ma la mia scelta raggiunge lo spirito di combattenti che credevo sconfitti: le ultime prove avevano affievolito l’ardore degli esordi, le chitarre addolcite, le parole sedate e le sirene della celebrità tendevano imboscate. sbagliavo: mai dare per morti dei guerriglieri!
ridd’m (beat/hip/soul)
la mia piccola percentuale di negritudine sanguigna continua a scuotersi al battito dell’anima soul. subisco il fascino di un suono che non mi appartiene per formazione ma al quale ambisco per tentazione. The Sa-Ra Creative Partners una delle conferme cosmiche con la sua appendice oltranzista di Shafiq Husayn. Georgia Anne Muldrow ha riportatato il battito in casa d’Africa e splende di luce propria, mentre le Dillanthology della Rapster ci ricordano cosa abbiamo perso. e se Madlib è fuori categoria da assai, allora il beat più interessante e caustico è (per ora) l’ep degli EarPeace: li attendo al varco. ma è nel gotha degli mc’s che vado a pescare questa gemma scintillante: appartiene di certo al mainstream e alla cultura pop di vasta scala, ma non è peccato: possiamo dire che i Beatles non fossero mainstream?
ambiente
ho riempito il mio ambiente amniotico di suoni sempre più rarefatti e dilatati, ho virato decisamente, nell’anno trascorso, verso la conoscenza dell’approccio digitale e elettroacustico. ho fatto scoperte liete e mi riservo di imparare ancora. mi sono stati fidi compari i sempre amati Gentleman Losers, e mi sono sinceramente emozionato viaggiando in auto con Fuqugi. Fennesz ha inventato una nazione dove chiedere asilo e Musette ha distillato la primavera in musica. Les Lendemain e i Mountains hanno aperto orizzonti che il prossimo anno vorrei completare. il viaggio più profondo però è stato quello accompagnato da una voce sodale che mi ha guidato alle radici di un suono americano ancora da esplorare, verso la conoscenza di un compositore geniale e discreto.
avant (un poco oltre verso l’altrove)
le musiche che esplorano i confini della galassia segnano il passaggio ai futuri possibili, è bene prestargli orecchio e ascolto per sapere, con buona approssimazione, dove approderemo. suoni che mischiano attitudini e discipline, estrazioni culturali e sperimentazione. i Digital Primitives sono la piu straordinaria sorpresa di un suono che non smette di stupire, Pascal Comelade si è sobbarcato il suono europeo sulle spalle e lo porterà dove meglio crede. i Land of Kush soddisfano il fabbisogno lisergico di ogni idividuo di buona volontà, mentre John Zorn abbisogna di una dozzina di biografi per annotare diligentemente le frenetiche uscite discografiche. Paul Baran è il nome che rimane appuntato prima di gettarsi interamente nell’anno nuovo. fra questa babele di suoni mi sono lasciato irretire da un viaggio sicuro condotto da nocchieri esperti verso le lande arabo-mediorientali: ambra e delizia, saggezza e muta riconoscenza.
band
non saprei esattamente specificare quale macrocategoria rappresenti la definizione band nel mio apparato (audio)cognitivo: credo riguardi la creazione multipla, la polifonia vocale, la commistione di teste e idee. i Grizzly Bear potrebbero vincere a guantoni calati, ma da loro, sadicamente, so di poter attendere il reale capolavoro. Animal Collective e Dirty Projectors trovano il mio ascolto curioso e consapevole, conscio di trovarsi di fronte la frontiera più avanzate del pop corale 2009: resto stupito di come non finiscano per piacermi assolutamente, ma poi non lo dico, lo tengo per me, o al limite lo scrivo in un blog. la vera sorpresa, per questo, parla ispanico, mi confonde nel caos di suoni e voci e stordisce la mia attenzione: disco misterioso che ancora ascolto e che mi accompagnerà anche in quest’anno debuttante.
ristampe, riemersioni, riscoperte
il mio udito è anziano, nel senso che non smette di credere di avere un fututo misterioso alle spalle. il tempo, la rete e qualche speleologo di buon gusto non smette di riemergere dal passato con leccornie e vere e proprie epifanie. il mondo delle ristampe basterebbe (forse) a soddisfare la mia ansia di ascoltare. Betty Davis chi l’aspettava più? il lavoro della Analog Africa meriterebbe il Nobel per la bellezza (Legends of Benin, Orchestre Poly-Rythmo de Cotonou), così come la Strut Records o la Honest Jones Records, 0 ocosì come della Soundway vale quanto appena detto. io però resto incantato di fronte alla freschezza di una voce e di un suono ondulanti, al ritmo blando che addolcisce gli animi e alle straordinaria modernità di un calypso di mezzo secolo indietro. bellissimo!
sono arrivato in fondo, credo. chiedo venia se ho annoiato e a tutti quelli che mi sono dimenticato, ma il nuovo anno è già qui e del 2009 presto ci si sarà già scordati. ecco dunque dieci dischi che ricorderò, sono in ordine sparso (tranne il primo) e tutti ascoltabili (a buon intenditore): a presto!
Mulatu Astatke & The Heliocentrics Inspiration Information
DM Stith Heavy Ghost
Josephine Foster Graphic As A Star
Mayra Andrade Stòria, Stòria…
Tinariwen Imidiwan:Companions
Mos Def The Ecstatic
Brian Harnetty & Bonnie ‘Prince’ Billy Silent City
Kronos Quartet Floodplain
Savath & Savalas La Llama
Blind Blake & The Royal Victoria Hotel Calypsos Bahamian Songs
…e chi fa finta…bella questa!!!
sono felice che ti sia piaciuta!
si capisce cosa ho voluto dire?
tu lo capisci: auguri hrundi v. bakshi!
ottima selezione come al solito!!!
lieto che ti sia piaciuta!
auguriamoci allora altrettanta musica dignitosa da segnalare sui nostri blog!
buoni ascolti e auguri a te,
a presto
Forse fuori tempo massimo, ma ti segnalo volentieri quello che per me è uno dei dischi dell’anno: Mamer, “Eagle”.
Non ti anticipo nulla, lascio a te il piacere di recuperare qualche notizia, di ascoltarlo e di capire se avrebbe meritato un posto nella playlist del 2009.
Via mail, stasera, proseguo il resto.
Un saluto
ciao
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la premessa (e la fortuna) è sempre la medesima: chissà quanti me ne sono persi e quante volte cambierò idea, per questo accetto sempre e volentieri suggestioni e figurine mancanti di questo 2009 fuggito.
la mia playlist (pare banale dirlo) si basa su ciò che ho ascoltato, e per questo ha carattere soggettivo e parziale, va da sé.
sono già sui sentieri di Mamer al suo inseguimento: strade che portano ad oriente. questo è uno di quei dischi che ho visto passare e che mi sono sfuggiti, ringrazio Ronda e pongo rimedio. poi ti dirò.
un saluto, un ringraziamento e un augurio,
a presto
..certo che si capisce, eccome!
Auguri a te.
Eh, le famose ‘coincidenze’, borguez 😉
Selezione con cui mi trovo in totale sintonia, e l’idea di raggruppare album ed artisti per ambito ha forse più senso rispetto alla classica top con le varie posizioni.
Mi ha colpito molto questa frase, perchè esplicita quella che probabilmente è anche la direzione attuale del mio percorso: “la mia piccola percentuale di negritudine sanguigna continua a scuotersi al battito dell’anima soul. subisco il fascino di un suono che non mi appartiene per formazione ma al quale ambisco per tentazione”. 🙂
Ciao!
il 2010 è già qui, senza tregua, e i dischi non smettono di fioccare come la neve qui di fuori.
lieto della sintonia e delle varie coincidenze. non resta che buttarci a perdifiato in questo nuovo anno di musiche,
a presto
ho citato nei commenti al post di sigurros82 il tuo blog insieme a quello di bird antony come una fonte importantissima e anche della tua selezione condivido parecchio…giro la stessa domanda che ho fatto a sigurros82: gli italiani, specialmente quelli che cantano in italiano, li hai omessi per scelta? grazie ancora per i suggerimenti
grazie dell’attenzione Cherotto.
provo a rispondere alla tua domanda sull’Italia e la sua musica del 2009. il discorso meriterebbe più ampi spazi. premetto che amo la musica italiana (e assai molto), ma lungo il corso dell’anno trascorso non ho trovato folgorazioni necessarie a farmi innamorare di qualcuno o qualcosa. molti nascono in questo paese ma hanno l’internazionalità come orizzonte (Zu, Guano Padano o il grandissimo Valerio Cosi), e quei pochi che cantano in italiano non superano la mia soglia di accettabilità. certo, ci sono i Bachi Da Pietra (più mosche bianche che bachi), ma sono una punta isolata e solitaria. ho ascoltato Grazian e gli concedo altra maturità da raggiungere, ma per il resto fatico a vedere splendere qualcuno. mea culpa, certo, o forse colpa delle mie esigenze troppo pretenziose, ma sta di fatto che non riuscirei a salvare molto.
spero di averti risposto e resto a disposizione per chiarimenti,
a presto
Da affezionato lurker quale continuo ad essere, ti auguro un buonissimo anno e tiro giù qualcosa di quanto da te consigliato, ché mi sembra decisamente il caso 🙂
buon anno a te Antonio!
e lunga vita ai lurker, ai quali pure io appartengo, in altre vesti e in altri luoghi!
come sempre mi farebbe piacere avere riscontri, commenti, suggestioni e suggerimenti, ma non posso indurre nessuno a fare ciò che non desidera!
per cui mi fa piacere la tua uscita allo scoperto, i tuoi auguri e di poter somministrare (buona) musica!
a presto, se vorrai
Comunque ho ascoltato il disco di Mos Def…sempre per quanto riguarda il discorso formazione/aspirazione 😉 Che dire? Mi è piaciuto molto, e ne sono rimasta stupita (avevo gradito il suo contributo anche nel disco dei Black Keys, Blakroc). Che ci sia finalmente spazio anche per me nell’universo hip-hop, al di là della meravigliosa Erykah Badu e dei Sa-Ra Productions?
credo giunga a proposito il disco qui a fianco di Georgia Anne Muldrow: lo consiglio caldamente a chi voglia far quadrare un cerchio ipotetico fra la concezione cosmica di Sun Ra, il panafricanismo, le ancelle della Badu (che dovranno pur crescere) e un vecchio afflato politico delle compiante Pantere Nere!
lo sto scoprendo ora, a 2010 iniziato: i soliti ripensamenti inevitabili.
si chiamano ancora dischi?
after a long time paying for a long playing
in effetti mi sa che non sia più il caso di chiamarli dischi, ecco il buon proposito per l’anno nuovo: smetto di pensarli, e chiamarli, dischi!
Eccellente selezione caro Borguez, e assai completa. Mi sono spesso domandato come mai nella nostra ormai universale apertura al mondo musicale senza confini non sopportiamo l’opera (e la sua filiazione moderna: il musical), senza trovare risposta. Sta di fatto che anche a me da’ ben piu’ fastidio dello stridore del gesso sulla lavagna quando si andava a scuola (anzi, quello era noise vero e accettabile, se provocato per dar noia alla prof di chimica).
Mi permetto di continuare a chiamarli dischi, pero’, e di comprarli anziche’ scaricarli, rigirarmeli tra le mani come si fa con i buoni libri, riporli nello scaffale e poi metterli sul piatto, e cercare l’inizio del pezzo prendendo la mira con la puntina.
Buon anno!
caro Fabio,
sono orgoglioso del tuo gradimento e del tuo augurio che ricambio. sto ascoltandoti via radio (podcast): fa piacere potersi lasciar condurre tranquillamente in un mondo di suoni inesplorati (per la maggior parte) lasciando il timone e la fiducia ad uno speaker “fraterno”.
sono convinto che prima o poi anche l’opera farà breccia in una qualche maniera: ma si deve impegnare oltremodo.
la questione “dischi” è stata (ripro)posta da un notevole agitatore nonché musicista: è una provocazione che nasce fuori dalla rete e appartiene più a nottate e bicchieri! del resto il fornaio si inquieterebbe non poco se il pane fosse sfornabile tramite download!
è giusto continuare a chiamarli dischi: è giusto che tu lo faccia. quelli virtuali hanno oramai, sulle mie sponde, sopravanzato quelli fisici, ma non ne dispero, e non me ne dolgo.
per il resto ancora buon anno a te, magari è quello in cui in qualche modo ci si potrà incontrare, chissà!
p.s. se sei ancora in Italia corri in edicola ad acquistare l’ultimo Blow Up: dalla copertina ti sorriderà una grazia muliebre di cui siamo entrambi invaghiti!
come agitatore (involontario) non sono cosi notevole. trovo molto interessante vedere i tanti modi in cui la musica occupa la vita delle persone, leggendo queste righe mi domandavo quale fosse oggi il termine più adatto a descrivere questa cosa che uno fa delle musiche, in qualche modo le unisce e qualcuno in qualche modo le ascolta. non è una provocazione, il nostro linguaggio di solito ha dei motivi per essere quanto più preciso
buon anno F.
sono sorpreso che tu inizi improvvisamente a parlare il volgare corrente, e in più nel giorno dell’epifania.
scherzavo, naturalmente: sono a conoscenza delle tue opinioni riguardo musica, dischi e industria e penso che la diatriba possa essere lunghissima. ciò che so è che nel frattempo il mondo sta già cambiando!
facciamo che ti auguro il buon anno e per tutto il resto ci penseremo
bel post, e gran bei dischi.
molti non li conoscevo, mi metterò a cercare senz’altro sicuro di trovare nuovi stimoli.
per quanto possa interessare, la mia selezione dell’anno, senz’altro più scontata e infinitamente più prolissa 🙂 è qui: http://andreawalkingspanish.blogspot.com
ciao e complimenti per il blog!
hanz
ciao hanz,
ho letto la tua playlist ed ho annusato piste conosciute, mi fa piacere.
a presto su queste e sulle tue sponde!
Il disco di Ballakè Sissoko e Vincent Segal (accostabile per certi versi alla collaborazione di Sissoko con Ludovico Einaudi di qualche anno fa) l’ho recuperato anch’io, non sapevo nemmeno che fosse uscito 🙁 Comunque è BELLISSIMO.
preferisco questo a quello con Einuaudi, lo debbo confessare. è una questione di trame fra kora e violoncello che preferisco a quelle con il pianoforte (strumento per certi versi imparentabile alla kora).
sul fatto che sia bellissimo non ci piove!
superbo e licenzioso. formidabile e traboccante. un saluto, caro amico utilissimo.
touché
ringrazio
un saluto a te