mi prendo un poco di spazio dal mio stesso spazio per esprimere un sentito ringraziamento a Valerio Mattioli e alle sue parole che negli ultimi cinque anni hanno occupato la rubrica All Cracked Medias sul mensile Blow Up. a quanto sembra, il suo ultimo articolo sul numero 146/147 di luglio/agosto ha tutta l’aria di un commiato e non assomiglia per nulla ad un arrivederci, perlomeno su quelle sponde. e me ne dispiaccio. l’apparente (neppur troppo) discrepanza fra le sue idee e quelle del pregevole direttore Stefano Isidoro Bianchi debbono aver portato a questa rottura che mi auguro sia stata civile e educatamente rispettosa.
due passi indietro: leggo Blow Up da parecchi anni, e la stima e il piacere da essa procuratami mi ha spinto ad eleggerla unica rivista (italiana) degna del mio interesse. l’apertura e la costante esplorazione dei confini musicali me l’ha fatta preferire a riviste generiche e/o “giovanilistiche” che non trovano il mio necessario interesse. con il Mucchio Selvaggio ruppi parecchi anni addietro per le posizioni (per me) insostenibili del suo direttore.
di Blow Up ho sempre apprezzato quel sentore d’indipendenza e di beneamata anarchia intellettuale che la poneva al di sopra e al di fuori della melma maleodorante che attanaglia il paese civile e molti ambienti musico-sociali dei quali per fortuna non ne so più nulla. poi, negli ultimi tempi, è giunta la forte presa di posizione del direttore in proposito dello stato attuale della fruizione musicale con l’articolo Ascoltare quel che piace (Blow Up 145, giugno 2010).
ebbene, intorno a questi discorsi da lungo tempo mi scervello perlopiù solitario o altrimenti su questo blog, a volte discutendo amabilmente sul blog di Fabio (che so su posizioni differenti) e da qualche tempo in rapporti epistolari con l’amico Mauro. ho spesso confessato di non avere quell’idea precisa da poter sbandierare sicuro e più spesso mi affido a questioni tangibili da San Tommaso. alcune di queste: stanno morendo fisicamente i miei primi cd che comprai eccitato negli anni ’80, mi avevano detto che sarebbe successo e non ci credevo; sto acquistando da qualche tempo musica online in formato mp3 e se me lo avessero divinato qualche anno addietro avrei riso beffardo e incredulo; l’industria discografica dovrebbe essere assai grata a omuncoli come me che hanno sborsato milioni di lire per sedare una passione che tuttora brucia senza tregua (leggasi: ho già dato); non ho mai ascoltato così tanta musica come nell’ultimo lustro e dire oggi che lo sognavo sin dall’adolescenza parrebbe facile, ma è tremendamente vero.
così succede che qualcuno pensi e scriva ciò che nella mia testa si agglomera confusamente e senza capacità di sintesi, che riesca a definire una posizione incerta (per il concitato susseguirsi degli eventi) ma chiara nella sua apertura ad un futuro che continua a correrci incontro, posizione che abbraccio e faccio mia. ho letto l’ultimo articolo di Valerio Mattioli che quel compiacimento che si trova nel dipanarsi di una “verità” che faticava a splendere. e per questo appunto lo ringrazio. so che difficilmente lo ritroverò sulle pagine del mensile musicale che apprezzo (e che continuerò a leggere), ma m’impegno sin d’ora a mettermi sulle sue tracce, ovunque porteranno, per continuare a conoscere e sapere ciò che pensa a proposito di quel mondo nel quale da tempo mi piace sguazzare.
p.s. gli articoli dovrebbero essere leggibili cliccandoci sopra (forse): in ogni eventualità ecco il link per scaricarli in formato pdf. meritano la lettura. ogni opinione è gradita qui di seguito e, soprattutto, ogni avvistamento di Valerio Mattioli e delle sue parole troverà il mio gradimento e ringraziamento.
C’entra una sega, ma vedo che perseveri nella diffusione di dischi di Giuffre (e in fondo non è vero che non c’entri con le righe di sopra..)
Ne ho scovato uno che non conoscevo, in realtà è a nome Herb Ellis, e ti giro immediatamente il link nel caso anche tu non l’abbia mai sentito.
Il disco è del ’59, come me.
Come vedi hai anche lettori anzianotti, signor Borguez.
Grazie.
Buona giornata
http://rs72.rapidshare.com/files/400508488/Herb_Ellis_Meets_Jimmy_Giuffre.zip
odradek
effettivamente con Jimmy Giuffre non si è mai fuori tema, almeno su queste sponde.
ti confesso di essere uno spudorato “completista” della discografia di Giuffre e che posseggo parecchie cose, fra cui certamente questa collaborazione con il chitarrista Herb Ellis. ma la ripetizione giova e quel link da te offerto farà il suo ottimo uso a chi non conoscesse quel disco.
persevero con Giuffre perché ricevo mail di amici che non lo conoscevano e che ringraziano per questo disvelamento: e io ne sono lieto.
per quanto riguarda il reparto anagrafico direi che il simpatico termine “anzionotto” si potrebbe estendere anche a coloro che sono poco più giovanotti di te (9 anni possono bastare per il sottoscritto?) e che se ascoltano Giuffre non avranno nessuna ingiuria del tempo che li possa spaventare.
e sempre un piacere leggerti di passaggio da queste parti e per questo ti saluto con un a presto odradek
Interessante argomento, mi sono salvata il pdf e l’ho riletto poco fa. Io credo che in entrambe le posizioni ci siano frammenti di ‘verità’, e a mio parere tutte e due gli autori evidenziano degli aspetti condivisibili. Ha ragione il direttore quando dice che il vero desiderio nasce dalla mancanza, e che la formazione avviene attraversando i pantani, sperimentando necessariamente difficoltà e ristrettezze (il ‘dover ascoltare’ per forza dischi ad una prima impressione indigeribili o impegnativi perchè le alternative scarseggiavano e perchè, dopo tutto, li si era pagati). L’avere tutto potenzialmente a disposizione, ora, non spingerebbe quindi a riprendere in mano dischi inizialmente ‘scartati’, e il gusto si modellerbbe sul ‘buona la prima’, sul già sentito, su ciò che è familiare, svilendo quindi il significato stesso della formazione di una persona. Ciò è innegabile nella mia esperienza….quanti album ho ancora sull’hard-disk da analizzare più fondo, inizialmente accantonati perchè magari non mi avevano subito convinto? Però è altrettanto vero che, su un piano educativo, esiste anche il rischio opposto: dal bambino frustrato e arrabbiato perchè non poteva avere ciò che desiderava (e quindi poteva scegliere se adeguarsi alle mode accontentandosi di ciò che passava alla radio o in tv, o rispolverare i dischi comprati e messi da parte), al ragazzino di oggi, forse un po’ ‘viziato’, che ha la possibilità di mettere le mani su qualunque musica ma alla fine non è mai abbastanza, essendoci illimitate possibilità di scelta tra le quali non riesce (o non vuole) decidere. E alla fine può capitare che diventi insoddisfatto e annoiato: nonostante le risorse potenzialmente infinite non riesce a trovare qualcosa che lo stuzzichi, che riaccenda la fiamma della curiosità, che lo renda felice.
E qui subentra il discorso di Mattioli, nel senso che se un ragazzo considera la musica come semplice intrattenimento, è probabile che non senta nemmeno l’esigenza di approfondire o di trovare qualcosa di diverso rispetto a ciò cui è abituato: si fa bastare ciò che viene offerto dal mercato e punto, la sua crescita musicale si ferma lì. Ma se una persona ha attitudini, curiosità ed esigenze differenti e più profonde in campo musicale, allora coverà quella noia e quell’insoddisfazione di cui sopra, che la spingerà, con o senza guida o ‘mentore’ di supporto, a porvi rimedio confrontandosi anche con l’altro, col diverso, con musiche che esulano dai suoi normali ambiti di ascolto e di gusti. Si cresce anche così a mio modo di vedere, anche senza la costrizione tale per cui si era in passato in un certo senso ‘obbligati’ a confrontarsi con l’inusuale e con il poco rassicurante. Ora le risorse in campo informatico-internettiano sono enormi, ma diventano tali nel momento in cui una persona – in base a proprie esigenze, attitudini, caratteristiche – *vuole* che lo siano, e *sceglie* – anche a fronte di un’iniziale sensazione di smarrimento – di provare a conoscere anche qualcos’altro, superando pregiudizi e diffidenze.
A me è capitata una cosa del genere qualche anno fa. Ero tutta intrippata di psichedelia, folk, blues e indie-rock, ma ad un certo punto ho sentito l’esigenza di uscire da quei confini. Ebbene, dopo qualche difficoltà iniziale, mi si è aperto un universo, e passione e curiosità sono più forti che mai.
Quindi, anche se internet ha sicuramente dei risvolti negativi, come tutte le cose, la questione è il suo utilizzo, a mio modo di vedere. Se si sceglie che diventi sul serio una risorsa, se lo si usa in modo davvero costruttivo…pur coi rischi che comporta, ben venga 🙂
Certi discorsi del tipo ‘si stava meglio quando si stava peggio’ sono illuminanti e possono offrire chiavi di lettura critiche per l’oggi, ma ad un certo punto rischiano anche di diventare pateticamente anacronistici. L’importante è, a mio parere, essere consapevoli dei limiti e dei vantaggi dei mezzi che abbiamo oggi a disposizione, in modo da utilizzarli nel modo più intelligente ed efficace possibile.
confesso che è una questione che tiene sveglio il mio interesse e che indiscutibilmente mi riguarda.
ribadisco che le mie posizioni assomigliano più a quelle di Mattioli proprio perché non amo certe prospettive “bacchettone” che disprezzavo da adolescente e che non rovescerei oggi, un poco cresciuto, su chi si affaccia sul mondo dell’ascolto musicale e trova una situazione completamente diversa da quella che trovai io. non posso giudicarlo per questo e non posso pretendere che obbedisca a chissà quale modus operandi “perfetto” e necessario.
piuttosto apprezzo parecchio l’idea di un underground che ha vinto nella sua caparbietà e nel suo tenersi stretto e saldo con passione e dedizione: sono passati i modi e le maniere che una certa cultura ha dovuto costruire per mantenersi viva e pulsante e oggi, effettivamente, da carbonari perseveriamo a muoverci nei meandri della rete non troppo diversamente da come si faceva nei terribili anni ’80.
ma sono d’accordo con te che senza una sana e febbrile curiosità non si muoverà nessun passo in nessuna direzione. e quella curiosità esisteva assai prima dell’avvento della rete e sopravviverà quando questa, fra qualche decennio, sembrerà obsoleta.
la verità incarnata per fortuna non esiste, nè qui e neppure altrove: dico che è bene vivere questo tempo “musicale” per quello che è senza rimpiangere passato e neppure spaventare il futuro.
grazie delle parole, a presto
Grazie a te per aver condiviso questi articoli 🙂
Argomento molto interessante carissimo borg. Veramente interessante. Non ti nego che la faccenda meriterebbe disamine lunghe e articolate, e forse per qualcuno, anche noiose. Per quanto mi riguarda credo che le opinioni in merito a questo argomento siano differenti tra le persone non solo per retaggi culturali diversi, ma soprattutto per età anagrafica, e questo lo trovo veramente insopportabile, visto che non ho ancora veramente capito quanti anni ho io. Messo da parte l’incontrollabile impulso fetish che gran parte di noi possiede nei confronti dei supporti (vinili, cd, booklet), se avessi dovuto rispondere a questo quesito qualche anno fa, credo che avrei attribuito le diversità di opinioni in merito ad una mera disponibilità di vile e infame pecunia, oggi…non ne sono più sicuro. Temo inoltre che, tra qualche anno ci ritroveremo (ancora più “anzianotti”) a fare lo stesso discorso a proposito di Sua Maestà il Libro. Nel frattempo penso spesso che la mia curiosità nei confronti della Musica si stia trasformando in avidità; a volte ho la sensazione come di essere un impertinente bambino obeso e diabetico lasciato da solo per un’intera notte all’interno di una pasticceria.
Credo infine che, per trattare per bene l’argomento, bisognerebbe chiudersi (a oltranza!) in una stanzetta stracolma di libri, cd, vinili, vhs e dvd con una damigiana colma di Lambrusco a discutere il tema, potremmo magari invitare Stefano Isidoro Bianchi e “l’ottimo” Valerio Mattioli, così vediamo chi la spunta…e rimane in piedi (nei suoi ragionamenti)!
Greetings
caro Costantino,
hai interpretato perfettamente la sede dell’eventuale dibattito e l’immaginifico svolgimento.
avrei solo un piccolo appunto da fare: è possibili sostituire il lambrusco con il mio amato Dolcetto di Dogliani?
so che non ti opporrai: stappo una bottiglia già aperta!
a presto
OT: il disco di Mavis Staples è una gioia per il cuore O_O
credo che tu sappia chi è seduto dietro ai bottoni produttivi di cotanta bellezza: il signor Jeff Tweedy in persona, ossia mister Wilco.
si sente assai, ed è un piacere lascivo.
Nel numero di settembre di Blow-Up Mattioli c’è ancora, anzi firma uno degli articoli più belli da quando leggo la rivista, cioè dal numero 100, a proposito di memoria e musica negli anni 2000. Non c’è più la rubrica All Cracked Medias (curiosità, si chiama come un disco bellissimo di Dean Roberts) ma lui collabora sempre, per fortuna!
Per quanto riguarda i due articoli, a me non sembra che lui e SIB siano in disaccordo, anzi che si completino perché SIB ha specificato più volte che non la pensa affatto “si stava meglio quando si stava peggio” e mattioli non mi pare per niente un nuovista a tutti i costi. Insomma le posizioni sono molto meno distanti da quel che appare, a leggere bene i due pezzi.
Mea Culpa, Mea Culpa!
Luigi hai ragione da vendere.
breve antefatto: quando lessi il commiato di Mattioli dalla sua rubrica (giugno scorso) fui spinto dall’irrefrenabile desiderio di scrivere una mail alla redazione per sostenere le sue tesi e ribadire la mia leggera contraddizione nei confronti di quella del direttore. non lo feci e covai i pensieri per l’intera estate.
appena è uscito l’attuale numero di settembre (#148) l’ho sfogliato in fretta per vedere se vi fosse qualche traccia della rubrica e qualche strascico nella posta: ma nient’altro che una lettera acuta (e sottoscrivibile) di un lettore che rinvigorisce il dissapore per le prese di posizione di SIB (che risponde giustamente per le rime).
così scrissi di getto il post qui sopra prendendo l’abbaglio di una separazione e di una rottura in seno alla redazione. sbagliavo. non colsi (e quindi me coglione).
l’articolo a cui ti riferisci l’ho letto notte tempo ed è effettivamente straordinario nel muoversi nei confini labili dell’odierno e tentare una definizione di quanto sta accadendo in quell’underground che tutt’ora esiste, eccome. e per fortuna.
ti ringrazio per la puntualizzazione necessaria.
per quanto riguarda le posizioni dei due che a tuo parere “si completino” non sono esattamente d’accordo: Mattioli risponde a certe posizioni di Bianchi puntualizzando e argomentando il discrimine della questione. quella che mi interessa: non giudicare questi tempi difficili da comprendere solamente perché differiscono diametralmente dai “nostri”. peccato borghese e bacchettone che rifuggo.
sono lieto di aver trovato altri lettori della rivista (e del blog) con i quali confrontare questioni e idee che lì (e qui) trovano gradita ospitalità.
a presto
Vero, diciamo che sono complementari, e che entrambi mettono in luce degli aspetti condivisibilissimi della questione. Secondo me, però, nell’articolo di Bianchi si avverte una nostalgia che invece non si ritrova in quello di Mattioli.
Non credo ci sia stata una rottura tra SIB e Mattioli! Semplicemente, la rubrica di Valerio ha terminato il suo ciclo vitale come già era successo a “Italiani brava gente” di Zingales e altre. D’altra parte, il mondo del web e delle netlabel nello specifico si muove in fretta, ma forse non abbastanza da farci un articolo al mese senza finire per ripetere le stesse cose.
Io credo che l’articolo di SIB sia come consueto acuto, ma piuttosto reazionario e per quanto trovi interessanti alcuni spunti mi colloco su posizioni diametralmente opposte alle sue.
infatti wago,
hai ragione pure tu, come rispondevo qui sopra a luigi.
devo dire che Mattioli non si è mai fatto mancare una curiosità ed un acume che teneva assai viva la rubrica che, per quanto mi riguarda, avrebbe potuto pure continuare a piacimento. ma l’importante a questo punto e non averlo perduto e ritrovarlo a scrivere articoli come quello di cui parlava luigi.
piuttosto sarei curioso che tu mi precisassi meglio le posizioni “diametralmente opposte” a quelle del direttore perché temo (spero?) che possano (in parte) coincidere con le mie.
grazie,
a presto
Per pigrizia, riporto quel che avevo scritto a suo tempo sul forum di Ondarock, dove avevamo discusso del corsivo di Bianchi poco dopo la sua pubblicazione:
[quote]Comunque SIB e’ ormai totalmente bollito. Va avanti da mesi con ste menate anti-downloading, e se all’inizio gli si poteva riconscere un po’ di acume nonostante le visioni piuttosto retrograde, ormai non si puo’ che ridacchiare leggendolo scrivere “per l’ennesima volta, nessun moralismo” accanto all’ennsima tirata si-stava-meglio-quando-si-stava-peggio, questi-giovani-d’oggi, che-bello-quando-buttavamo-nel-cesso-i-soldi almeno-c’era-il-brivido.
Se non gli tira piu’ la capisca che e’ l’eta’ che avanza, prima di ogni faccenda legata al download.[/quote]
E:
[quote]Da mesi e mesi SIB batta il martello sullo stesso identico chiodo, cambiandone di volta in volta l’angolatura ma senza mai mostrare alcun accenno di dialogo/avvicinamento a posizioni vagamente piu’ progressiste. Anzi, ad essere pure piu’ precisi neanche questo e’ l’elemento negativo, perche’ conservatorismo, moralismo e nostalgia non sono reati federali: quel che fa girare un po’ le balle e’ che poi si auto-assolva da queste colpe (perche’ a quanto pare e’ lui il primo a considerarle tali). L'”ennesima volta” non me lo sono inventato io, l’ha scritto lui: “per l’ennesima volta, nessun moralismo”. Potrebbe quantomeno accettarla, la sua deriva puritana…[/quote]
Volendo circostanziare un po’ di piu’, credo che il download abbia pregi e difetti ma sia ormai una parte fondamentale della musica di oggi, intendendo come musica non solo il suono in se’ ma anche tutto quello che ci gira attorno (dai supporti ai desideri e contesti d’ascolto). SIB non riesce a schiodarsi da questo “era meglio prima”, io invece vedo le cose semplicemente nei termini di un “era diverso, prima”.
Vedo le trasformazioni che SIB indica come deleterie come semplici processi, in sé né positivi né negativi: sta all’ascoltatore/utente riuscire a declinarli in modo intelligente per sé oppure farsi prendere dal raptus dell’ascolto ossessivo/compulsivo. La mia passione maniacale per la musica è nata e cresciuta nell’era di internet, e credo di conoscere bene in prima persona i fenomeni che caratterizzano il popolo (peraltro molto eterogeneo) degli ascoltatori “internettiani”. Anch’io ho avuto la mia fase di bulimia sonora, ma l’ho passata e ho trovato un mio equilibrio. Ora mi godo col massimo relax quelli che ritengo gli enormi vantaggi del filesharing, consapevole dei suoi limiti e proprio per questo assolutamente in pace con me stesso.
Un ultimo appunto: ci sono internettari e internettari – quello che scarica e sente 20 dischi in un giorno, e quello che se ne ascolta 4 al mese è tanto; non sono però i giornalisti, classicamente, quelli che si sentono un centinaio di nuovi dischi in un mese per poi scriverne “bello/brutto” dopo una manciata di ascolti?
“Unica rivista (italiana) degna di interesse” condivido e sottoscrivo, sè non Vi spiace, Caro Borguez. Personalmente leggo (divoro?) Blow Up da quand’ancora fù solo “fanzine” ricevibile esclusivamente tramite posta ordinaria. Dire che ha provveduto ad allargare à dismisura gli orizzonti (peraltro ristrettissimi) musicali del (avulso)sottoscritto è ragionare per difetto. Mi pare di poter azzardare che lo spirito di “apertura e costante esplorazione dei confini musicali” rintracciabile fin dai primi nei primi numeri della rivista, e nonostante si sia oramai giunti al numero centoquarantotto, sia tutt’altro che svanito. Anzi. Non tedio oltre. Au revoir. P.S. Ci tengo a sottolineare che il mio articolista preferito (per “affinità elettive”) ladddentro resta il Polvani: ma tutto il resto della truppa si legge (sempre e comunque) ben più che volentieri. Anzichènò.
sono lieto di condividere medesime passioni con lettori (del blog) fino a poco tempo addietro a me sconosciuti. che dire… condivido pur’io.
se poi si dovesse pure preferire qualche giornalista piuttosto che altri vedo che Polvani ha già un punto al suo pallottoliere. segnamo.
grazie della visita e del commento,
a presto
ciao borguez
ribadisco anche qui: nessuna rottura, nessun divorzio, solo la naturale fine di una rubrica che si protraeva da ormai cinque anni.
Su BU continuo a scrivere e continuerò (spero) ancora a lungo.
un saluto!
valerio
ciao valerio,
è un piacere poterti ospitare qui e poter mettere la parola fine (da fonte “autorevole”) ad un granchio madornale da me preso in pieno naso. mi era sembrato… chioserei, e chiedo di nuovo scusa per l’errore commesso.
e visto che qui sei “personalmente” ti ribadisco la stima e i complimenti per la rubrica giunta a naturale compimento. seguirò dunque le tue “scritture” sui futuri numeri di Blow Up (a cominciare dall’articolo funambolico sul numero attuale di settembre) o dove sarà possibile leggerti.
un saluto anche a te,
borguez
Borguez, già che siamo in tema di riviste musicali…posso chiederti i motivi della tua divergenza di vedute con Stefani del Mucchio? E’ più una questione di opinioni sui fatti di politica/attualità, o ha a che vedere specificamente con l’argomento musica?
Grazie, e scusa. Sai com’è, sono una curiosona 🙂
è passato così tanto tempo, ora che ci penso, che quel misto di rancore e insostenibile sopportazione è ormai svanito e il ricordo fatica pure a chiarirsi.
devi sapere che il Mucchio è stato una palestra fondamentale per la mia adolescenza, indispensabile direi. poi, dopo un divorzio durato qualche anno in cui mi sono dedicato decisamente ad altre musiche, sono tornato sul finire dei ’90 a rileggerlo.progressivamente gli atteggiamenti “populisti”e la virata smaccatamente politica (sia ben chiaro, la penso alla medesima maniera) del direttore mi hanno davvero stancato. combattere il populismo con il populismo non mi parve intelligente!
contemporaneamente aprivo il mio mondo ad altre musiche e il Mucchio non copriva esattamente quei territori: fai 1+1 ed ecco che la separazione è inevitabile.
direi che è una questione di redazione, politica e attualità, non di musica.
ma non lo leggo da tanto tempo: magari è cambiato.
Grazie della risposta 🙂
Ora è tornato mensile, ormai da 4-5 anni. Anche se i contributi ‘diretti’ di Stefani sono ben pochi (al di là di Seppia e dell’articolo di fondo), credo che l’atteggiamento sia rimasto, all’incirca, lo stesso.
A me del Mucchio è sempre interessata solo la componente musicale, vuoi perchè la politica mi interessa fino a un certo punto vuoi perchè non condivido alcune posizioni. Ma ora diciamo che lo prendo essenzialmente per due motivi: affetto per alcune firme (il ruolo che hanno avuto quando mi sono affacciata a un certo modo di concepire la musica è stato fondamentale, quindi sono rimasta legata ad alcuni di loro), interesse per la parte sui Classici e sulle ristampe. Lì c’è sempre qualcosa di interessante da recuperare, ma per quanto riguarda i dischi nuovi internet è ormai diventato primo strumento di informazione per me. Sulle opinioni…diciamo che mi fido ancora molto del parere dei critici del Mucchio, o perlomeno di alcuni. Ormai so chi posso ritenere affidabile e chi meno 🙂