Caro Hank,
è successo di nuovo! è successo di nuovo che da quella cornucopia a forma di zaino che ti porti appresso come un camminatore di pianure hai estratto un dono per me, ignaro di andare a toccare nuovamente i nervi scoperti dei miei ascolti! se rammenti successe alcuni anni or sono con la leggenda di Marvin Pontiac! ero alla ricerca di quelle favole africane lavate nel Mississippi. una ricerca stracca e per nulla proficua fino a quando, incontrandoti dietro i consueti nostri bicchieri, incontrai anche le tue parole: ho qui un disco che ti potrebbe interessare!
e adesso è successo di nuovo! in una notte estiva aggrapato ai battiti della radio e della strada faccio ritorno a casa, ma sono costretto ad allungare la strada per lasciare sfumare le voci di un gospel elettrico e sporco invocante il Mississippi (di nuovo?) e per cercare di comprendere chi si nascondesse dietro le tuniche di quel coro. ma il dj tace e io mi tengo l’ignoto e mi riprometto di indagare consapevole che potrebbe essere un’altra di quelle idee che vanno a morire senza farti un saluto!
e invece è successo di nuovo! è successo che distrattamente come ti allacci una scarpa o spegni una sigaretta mi hai allungato un disco dicendomi che avrei dovuto ascoltarlo, e nessuno di noi due sapeva che era il disco che mi ero dimenticato di cercare, e che non sapevo che stavo aspettando almeno fino a quando non l’ho fatto inghiottire lentamente dal mie lettore. e quel brano era proprio lì, acquattato davanti agli altri ad attendermi. Down in Mississippi! la voce imperdibile di Mavis Staples nella gloria di un’album meraviglioso!
We’ll Never Turn Back è stato pensato, suonato e prodotto insieme a quel monumento vivente che è Ry Cooder! 12 brani che ripercorrono antiche battaglie del movimento per i diritti civili, i sermoni del reverendo Luther e la marcia su Washington DC, la memoria ossequiosa di Mahalia Jackson e di tutta la famiglia Staples al completo. si affondano le ginocchia nel Delta Blues e nel sussidiario di JB Lenoir, ci si impolvera dentro le chiese del Sud e si assiste muti al disvelarsi dll’orgoglio afroamericano. tutto questo innervato dalla sapienza elettro acustica di un musicologo ancor prima che di un musicista. ho sempre pensato a Ry Cooder come un Alan Lomax contemporaneo. laddove era necessario scovare e scoprire oggi è necessario innalzare e svelare. e lui è riuscito a portare queste musiche oltre il loro tempo.
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…e visto che la lettera è ancora aperta, caro Hank, ti rinnovo un invito che già ti feci informalmente nelle nostre false diatribe e nelle elucubrazioni, quando i nostri tassi alcoolici assomigliano a orsi, quando ci meniamo verso casa e ci pare che la ragione alberghi poco lontano. il mio blog è aperto alle tue parole, ad una tua rubrica che non oso immaginare, alle tue peregrinazioni solitarie nel mondo della conoscenza fra i coretti dei Congos e un cruciverba di Bartezzaghi il vecchio, fra questioni liturgiche di sintassi e assoli di Milt Jackson, fra la distilleria tutta e l’ennesimo bootleg di Zimmy! Come in, ti dico, I’ll give you shelter from the storm!
sentitamente ringrazio per ciò di cui sopra, a presto…
Carissimo, grazie a te. Farò un tentativo, anche se è compito improbo rivelarsi all’altezza, nella forma e nella sostanza, sia del post che del blog. E anche se mentre leggevo “tutto questo innervato dalla sapienza elettro acustica di un musicologo ancor prima che di un musicista” pensavo ti riferissi a me anzichè a Ry Cooder, dunque sono un po’ offeso. Rilancio con un ulteriore dischetto: ho acquistato oggi “Sojourner” di Jason Molina. Embeh?, mi dirai. E io ti dirò che trattasi di Moloch (David Tibet, op.cit.) ligneo contenente nell’ordine:
– nr. 1 copia di “Nashville Moon” (a dispetto del titolo, registrato a Chicago con l’ottimo Steve Albini)
– nr. 1 copia di “Sun Session” (registrato, come indica il titolo, ai Sun Studios di Memphis
– nr. 1 copia di “Black Ram” (registrato, come del resto non indica il titolo, in luogo a me ignoto)
– nr. 1 copia di “Shohola” (depressissime registrazioni effettuate da un Molina solitario y final a casa sua, presumibilmente dopo che il suo affezionatissimo barboncino Neilyoung è finito per errore nel tritarifiuti)
– nr. 1 copia di “The Road Becomes What You Leave” (documentario in dvd che, come indica il titolo, è splendido)
– nr. 1 pacchianissimo poster raffigurante costellazioni a caso
– nr. 5 cartoline plastificate raffiguranti i titoli delle canzoni
– nr. 1 pacchianissima medaglia dal peso di 15 kg. (in premio, suppongo, a chiunque sia riuscito ad ascoltare “Shohola” senza emulare il piccolo Neilyoung, dentro il tritarifiuti)
Quando dico “ligneo”, intendo dire che quando l’ho aperto (immediatamente dopo aver udito un tuono e il nitrito di un cavallo) mi sono cosparso di trucioli e segatura. Parevo Mastro Ciliegia.
Inutile dire che, pur non avendolo ancora ascoltato, contiene la più straordinaria musica mai prodotta nella storia dell’umanità.
cazzo hank, che invidia. io sono ancora in attesa.
nel frattempo mi fracasso le orecchie con moha!
anch’io un poco ti invidio Hank…
ti volevo solo far notare che ciò hai scritto poco sopra corredato da un paio di foto, qualche link esplicativo ed eventualmente un video non è tanto dissimile da ciò che ti sto chiedendo…
almeno a me pare!
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che gente divertente. non chiamate ry cooder monumento, è un ragazzo irascibile, nel senso della depressività.