ho una pretesa di consapevolezza e di autodeterminazione, modesta per altro, ma ineluttabile. a 40 anni compiuti ho affinato la capacità di riconoscere in un solo istante una musica che invaderà il mio universo sonoro. è una percezione che (per fortuna) si ripete con medesime modalità e differenti forme. una cattura a cui cedo, una presa alla quale mi arrendo. giunge dall’agguato nascosto, inattesa e benvenuta come la pioggia. pochi istanti di suono e io sono irrimediabilmente rapito! è successo ancora, e di notte, quando rallenta e si svuota lo spazio, quando pare esserci più tempo e più buio, quando la radio ritorna al suo ruolo regale, alla sua nobile magia impalpabile. ancora battiti!
Daiki Sakae è un chitarrista giapponese che ha scelto come nome d’arte FUQUGI. le poche note biografiche lo ritraggono abitante del sud del Giappone, Kagoshima, zona boschiva alla quale (banalmente) si attribuisce l’afflato bucolico delle sue musiche: è lì che vive, armato di una sola Gibson e di semplici effetti! nel 2005 aveva dato alla luce due cd-r per la propria etichetta: gransofa e nightingale. passato sotto l’egida dell’etichetta Plop ha deciso di riprendere in mano alcune di quelle composizioni e a queste aggiungerne altre. nasce così, semplicemente, il suo debutto: gransofa+nightingale.
15 acquerelli per chitarra e delay. arpeggi e melodie al limite della povertà, per assenza e riduzione. nessuna parola, nessun field recording, niente elettronica! i limiti della tavolozza di Daiki Sakae sono intangibili e si collocano fra la colonna sonora di un road movie, la semantica del blues, l’idea minimalista che non muore e la capacità innata della sintesi orientale. il tutto dilatato, rallentato per dar luogo allo spazio e alla cinematica dei pensieri e delle figure che si accampano.
lo stesso Daiki Sakae indica una possibile chiave d’ascolto nella contemplazione delle opere del suo pittore preferito: Mark Rothko. lo credo verosimile, se ne intuiscono colori e forme, ma non basta. l’ampiezza dello spettro sonoro, allargato a far luogo a meditazioni e contemplazioni, consente ben altro e ben di più. ciascuno può abitarlo, addobbarlo oppure svuotarlo ulteriormente. è materia dolcissima e calda, sin quasi facile: ma non si confonda la banalità con la semplicità!
io, come faccio spesso, lascio quest’opera a disposizione, perché l’ascolto conduca alla propria autodeterminazione, al proprio alfabeto. conosco il mio e lo sento parlare la stessa silenziosa lingua, incerta e fragile come questo disco.
nel gioco piccolo e sciocco dei dischi di questo tempo (e di altri ancora), se ne è aggiunto uno!
bellissimo, grazie.
sono lieto che ti sia piaciuto!
condividere VS dividere!
a presto
Molto interessante, thanks as usual. Peraltro, en passant, si consenta di rilevare che seguirti sulle tracce di un tale che vive a Kagoshima, incide per la Plop ed è “…tutto dilatato…” “…ma può essere ulteriormente svuotato…” è la prova ineludibile che ti si seguirebbe fino all’inferno 🙂
interessante chiave di lettura: mi era sfuggita sulle prime!
è pur sempre bene non prendersi troppo sul serio…
prezioso dunque il contributo!
Plop è peraltro onomatopea sublime!
ma il disco desta più di una curiosità!
a presto, Hank