sopra un fittizio taccuino mentale avevo da tempo annotato il nome Ahmed Janka Nabay attendendo un seguito al troppo esiguo Ep del 2010 uscito per l’americana True Panther; il titolo stesso del disco incoronava il nostro ad assoluto sovrano della musica Bubu originaria della Sierra Leone. Bubu King (True Panther, 2010) raccoglieva solamente quattro pezzi ipnotici, appiccicosi e africanamente contagiosi ed in più una copertina indimenticabile che mi ricordava, per svagata similitudine, un’analogo primo piano di una Billie Holiday con tanto di fiore dietro all’orecchio.
cos’era mai questa Bubu music capace di creare immediato contagio? e soprattutto quale moderna versione ne stava interpretando Ahmed Janka Nabay? la scoperta fu che in realtà questo disco proveniva dal continente nordamericano dove il nostro si era dovuto rifugiare a causa della cruda guerra civile in corso nel proprio paese e che la lingua krio la faceva da padrone. ritmo forsennato sopra i 120 bpm, gangli nervosi rimessi in moto per contagio, danza inevitabilmente indotta e quell’aria salubremente malsana e sotterranea che tanto piace a chi scrive. il video di Eh Congo valga assai di più di ogni mia parola.
a questo punto attendere un seguito era quanto meno doveroso: e la perseveranza di Ahmed Janka Nabay ha fatto il resto. dunque New York è il luogo dove negli ultimi due anni debbono essere successe un poco di cose: intanto l’elisione del nome musulmano a quanto pare in qualche modo ingombrante (da qui in avanti solo Janka Nabay) e l’incontro con un manipolo di musicisti dell’hype underground della grande mela. tutti rigorosamente bianchi ed increduli di ritrovarsi un cuore pulsante africano in terra americana. l’Africa, si sa, continua a chiamare forte e ad attrarre anche giovinastri pallidi in certa di sublime freschezza e, a loro, non deve esser parso vero ritrovarsi Janka Nabay nel circuito dei locali underground. l’altra cosa accaduta in questo tempo è che quel volpone di David Byrne non si è certo fatto scappare questa leccornia ed ecco dunque giungere l’agognato seguito per l’etichetta Luaka Bop.
Janka Nabay & The Bubu Gang En Yay Sah (Luaka Bop, 2012) ha dunque i crismi giusti per raggiungere un pubblico assai più vasto di quanto avesse potuto fare dall’agognata Sierra Leone. è lo stesso Janka Nabay a raccontare che dopo la naturale infatuazione adolescenziale per il reggae (Marley, eccolo che torna) è stato quasi naturale ritornare alla musica propria della cultura del suo villaggio e del popolo Temne, modernizzandola, accelerandone i ritmi, ed aggiungendovi quella doverosa elettricità figlia dei nostri tempi. le cassette di Janka Nabay erano il companatico di qualsiasi abitante della Sierra Leone (sarebbe bello ascoltarne qualcuna ndr) e, purtroppo, lo furono anche delle milizie ribelli che spargevano sangue al suono di quella bubu music. emigrare fu necessario e salvifico.
questo nuovo lavoro ha quell’appeal elektro pop che spero tanto possa piacere a tribù di giovinastri in cerca di un po’ d’Africa in giardino (op.cit.): i battiti restano alti, i controcanti femminili (call and response) garantiti e tastiere e chitarre febbrili accompagnano tutto il disco. Janka Nabay pare soddisfatto benchè leggermente ingolfato in un tappeto sonoro che difficilmente avrebbe immaginato dal suo villaggio di Masimo. l’effetto stordende d’inaudito colpirà chi è a digiuno di suoni del genere e questa si potrebbe rivelare l’asso nella manica infilato da David Byrne come viatico per il mercato internazionale.
di certo il plauso va a Janka Nabay fermamente convinto che la Bubu music sia la salvezza per chiunque ne venga contagiato, e capace di traghettare una musica antica di cinque secoli verso i prossimi cinque. un tour è in partenza, stare a vedere e ad ascoltare.
And Bubu music is fun, once you try it, you never leave it!
Ahmed Janka Nabay Bubu Kung (2012)
Janka Nabay & The Bubu Gang En Yay Sah (2012)
Lo attendevo anch’io eccome! Più che un taccuino mentale io ne ho uno materiale, e lui era segnato con l’asterisco 😉 Troppo esiguo e promettente quell’EP di due anni fa, non vedo l’ora di tuffarmi nell’album. Grazie 🙂