come si evince da alcuni libri di sacra fantasmagoria geografica i due altipiani di Addis Abeba e del Chiapas si fronteggiano da tempo immemorabile incuranti delle nostre nozioni errate e topograficamente farlocche. la fertile vallata che unisce le due alture la si può dominare con la sguardo da ciascuna di esse: a secondo del punto di vista (che è medesimo e speculare) non sarà difficile riconoscere una folta giungla discoscesa erosa dall’espansione delle palafitte di metallo della periferia di Lagos e, più in basso, quelle stesse palafitte abbeverarsi nella verde vallata del fiume Drina. in questo spigolo di universo trascurato colpevolmente dalle sacre scritture sopravvive una cultura che ha nel suono e nella sua testimonianza la ragione stessa del suo propagarsi: e proprio dalla Bibbia sembrerebbe scaturire la parabola di un monaco musulmano cinese (Kelan significa questo) e dei suoi otto figli iniziati all’arte dei fiati e degli ottoni. a questa famiglia si deve la rappresentazione più sanguigna e scintillante delle tradizioni sonore di questa vallata.
Phil Cohran (85 primavere appena compiute) sta entrando in quella fase dell’esistenza di un uomo in cui l’odore di santità e la mitologia non paiono inappropriate; come se non bastasse la sua carriera fulgida di trasversale bellezza universale ecco giungere la sua numerosa progenie a supportare il peso e l’onore della sua testimonianza. otto dei suoi ventitre (23, proprio 23) figli formano da qualche tempo la Hypnotic Brass Ensemble assieme ad un percussionista spurio (non figlio di Cohran) dividendosi trombe, tromboni, susafono ed eufonio: la loro musica ispirata alla tradizione afroamericana delle marching brass band sconfina da qualche tempo nel funk e nell’hip-hop.
se chiedete a ciascuno di loro chi sia stato il loro primo maestro otterrete la medesima risposta: loro padre. e quando giunge quel tempo in cui i figli trovavano la riconciliazione spirituale e culturale con i padri e questo il tempo, in quel luogo fantasmagorico e in questa vicenda protobiblica, in cui può nascere un disco come questo.
Kelan Phil Cohran & The Hypnotic Brass Ensemble (Honest Jon’s, 2012) è il frutto di questa summa di musica mesopotamica e leggendaria. l’incedere ipnotico degli ottoni conduce indifferentemente verso i quattro punti cardinali e appare davvero difficile raccapezzarsi ed affermare se si tratti dei prodromi dell’afrobeat, di una fanfara zingara o di un rituale azteco. e forse sono proprio queste etichette che vanno strette ad una musica imprendibile proprio perché difficilmente riconducibile alle nostre orecchie ignare dei rituali di quella vallata fantasmagorica. odore di biblica santità, di celebrazioni pagane e di innocui sabbah festanti: ritmi di danze antiche sospinte dai tromboni carnali che sorreggono le trame dei fiati. Phil Cohran, da padre comprensivo, mette da parte la sua arpa e gli ammenicoli mistici per osservare fiero la sua prole spingere la sua musica ben oltre i confini della sua familiare vallata.
pura e incantevole meraviglia.
Kelan Phil Cohran & The Hypnotic Brass Ensemble Kelan Phil Cohran & The Hypnotic Brass Ensemble
caro borguez, qui già siamo in perenne attesa di bellezze e meraviglie, poi se tu lo scrivi così bene..!
Sto ascoltando il disco, superiore. Io lo avrei recensito in gergo dialettale: “Kelan Phil Cohran & The Hypnotic Brass Ensemble, ju lupe fa i lupitte”
😉
Sottoscrivo. Il disco è straordinario, ma tu, borguez, ne scrivi veramente troppo bene…
caro umberto e Paolo,
questo tipo di storie (e di musiche, sia ben detto) inattese e quasi incredibili rappresentano il miglior carburante per un motore che non si stanca di curiosare ed attendere proprio l’inaudito. avere il privilegio e la libertà di poterne scrivere e raccontare ad ascoltatori (e curiosi) attenti è una piccola delizia privata.
Phil Cohran è il vero miracolo di questa storia, a lui vorrei rivolgere un abbraccio caldo, così come i nipoti abbracciano le ginocchia ossute dei nonni.
a presto
Mi domandavo quando ne avresti scritto, caro amico 😉
Non so cosa sia più sublime, se la tua scrittura o la musica di questo disco splendido.
Grazie 🙂
è di gran lunga sublime questo disco e, con lui, tutti coloro che hanno ancora curiosità di bellezze e voglie inattese da soddisfare.
Phil Cohran è un nome che dovrebbe far scattare sull’attenti quest’ultimo tipo di ascoltatori e, come immaginavo, non ti sei fatta trovare distratta.
a presto mia cara
Beh, niente da aggiungere a quanto detto dagli altri, tranne il solito, doveroso, ringraziamento. Ciao Messer B.
Splendida Pagina per un ottimo disco. Merci beaucoup monsieur Borgùèz.
…dischissimo. E aggiungo ottima recensione con la tua solita scrittura fisica.
Sapevo e volevo che tu ne parlassi. autentica gemma musicale. Qui (dove tu sai) si respira aria di libertà, di sollazzi musicali e di vezzi femminili. Ti saluta Issa Cissoko con una Vandoren da 3 e mezzo.
La bella che è addormentata….ha un nome che fa paura…Libertà, Libertà, Libertà!
Stima e rispetto.
P.S.
t’aspetto con la prole al seguito, il “Blue Saxo” comincia a prendere forma e odori nel cuore di una città africana liberata e disinibita. Un abbraccio, e un saluto afroromanesco.
Caro Costantino,
è un piacere ascoltare ancora le tue parole che giungono da un lontano intoccabile. lontano da questo paese che trema e crolla, che crolla e trema; e spesso odora pure di stantìo.
salutami la terra d’Africa e baciala dove tu vuoi.
a presto, l’abbraccio più forte.
Un saluto a Costantino!!!!
🙂
…e un saluto anche a te!!
…perla di Labuan.