credo ci siano svariati modi per approcciare una terra straniera, per pensare un viaggio. i Balcani mi corrono incontro verso la fine di giugno e io comincio a sciorinare l’improbabile metodologia di apprendimento. tecnica mista e pressoché incerta, indeterminata. consiste nel drizzare le orecchie ad est, annusarne gli odori e captarne le ondulazioni di frequenza sulle medie modulazioni. provo a leggerne un poco di più e un poco oltre, ricordare i motivi (tutt’ora insondabili) di uno sterminio e ascoltare la voce di vecchi e nuovi profeti. rovisto fra le arti, la musica in primis, alla ricerca di un linguaggio comune, parlabile, edibile. e mi imbatto nel cinema, in curiosa coincidenza con altre ricerche che alice persegue su gitani, rom e nomadi. un film dunque: resto pur sempre restìo a parlare di cinema, per analfabetizzazione, per mutismo cinetico e perché credo che i film vadano visti da soli e poi zitti a letto! ma per questa volta valga una segnalazione!
Ko To Tamo Peva (Ко то тамо пева, 1980) è un film yugoslavo (allora lo era!) scritto da Dušan Kovačević e diretto da Slobodan Šijan: una vera sorpresa!
è il 5 aprile 1941 (un giorno prima dell’invasione nazista) in un luogo indeterminato nel cuore della Serbia; un’improbabile fermata d’autobus è popolata da passeggeri diretti a Belgrado! sono in attesa di un vecchio pullman della mirabile ditta Krstić & Son (padre e figlio che da soli basterebbero a sorreggere la sceneggiatura)! due musicisti zingari, un germanofilo, un cacciatore sbadato, un veterano di guerra, un ipocondriaco, un aspirante cantante, una coppia male assortita di giovani sposi e i due titolari dell’impresa di trasporti!
può avere inizio un vero e proprio road movie surreale, archetipo e precursore di molto cinema balcanico giunto in seguito! vicende sghembe e inciampi improbabili protrarranno il viaggio oltre il limite previsto, fino a farlo giungere a Belgrado in concomitanza delle truppe tedesche. tutta qui la sinossi: tutta e niente!
poesia popolare, storie di ceppi ed etnie, miscugli di regioni e di lingue. storie di uomini. un Aspettando Godot corale punteggiato da goffaggini e assurdità. storie di canzoni, di vendette familiari e di carne (proibita e alla griglia) innaffiata di rakija. pretese contadine e avidità ataviche fanno beccheggiare il vascello corriera, alla deriva fra paesaggi perduti, nebbie, fiumi e ponti. sparizioni, morti apparenti e scaramanzie di un realismo magico balcanico.
e con la musica sempre presente: del resto il titolo del film chiede Chi sta cantando là? una spina dorsale di fisarmoniche, cymbalon e canti tengono il film dritto ed eretto. a cominciare dalla figura dei due gitani che come due aedi greci guardano fisso in camera e narrano le vicende e le sventure degli undici personaggi in cerca di buona sorte. così si apre il film (e basterebbero i primi due minuti a renderlo indimenticabile)…
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rimango dell’idea che le pellicole non si dovrebbero raccontare e tanto meno consigliare, soprattutto da chi non sa farlo come me. infatti voglio qui solo dichiarare di averlo veduto. annotarlo. la difficile reperibilità consiglia un torrent, i sottotitoli e pure brandelli di colonna sonora (che pare introvabile).
credo sia tutto!
è tutto!
mi sia permesso di ringraziare “pubblicamente” Roberto Silvestri (Il Manifesto e il suo cinema, Alias, Hollywood Party di Radio 3… tanto per citare alcuni suoi avamposti) che di tanto in tanto mi consiglia film.
film che non passano in queste zone nemmeno di sponda, film che bisogna andare a cercare, ma bellissimi film. come questo.
mi sia permesso di unirmi al ringraziamento. per il consiglio prezioso giuntomi di sponda (questo sì).
avamposti da salvagurdare: è bene non stancarsi di ripeterlo!
grazie
mn jak film nemat so
in English?