Stop me if you think you’ve heard this one before
(S.P. Morrissey)
il contenuto di questo post, per gli argomenti trattati e per i ricordi scomodati, è riservato ad un pubblico adulto! niente di proibito o scabroso, sia ben chiaro; è solamente che non so in quanti si ricordino di Lloyd Cole, e soprattutto, nel caso fosse, sono assolutamente certo che si tratterebbe di adulti cresciuti e vaccinati. direi più o meno coloro che hanno appaltato un tempo della loro adolescenza a sopravvivere nel bel mezzo di quegli anni ’80, che io continuo a definire terribili, senza per questo volerli paragonare ai precedenti o ai successivi.
il fatto è minimo e apparentemente insignificante. girovagando in rete mi imbatto in un evento ordinario e innocuo: esce un disco, uno dei tanti fra i tanti, ma sulla copertina c’è scritto un nome che mette immediatamente in subbuglio la mia memoria vegetativa: Lloyd Cole. non è che me lo fossi dimenticato, semplicemente lo pensavo relegato a quel tempo e a quei luoghi, invischiato in qualche maniera in quello stato di inappropriatezza che segnava il suo songwriting e i sentimenti di coloro che lo ascoltavano (alzo la mano). commozione e confusione, la stessa che dava il nome al gruppo che completava la ragione sociale del nostro: Lloyd Cole & The Commotions.
possedevo quei primi due vinili (Rattlesnakes e Easy Pieces) che ne segnarano il folgorante debutto. piccole isole sensibili nel bel mezzo di suoni che andavano sintetizzandosi e imbruttendo. un folk pop intimista che dall’Inghilterra guardava all’altra sponda atlantica, colonna sonora da cameretta, carte da parati inglesi e maliconia a volontà. pareva quanto di meglio offrisse il mercato (allora magro e striminzito) per blandire il malessere giovanile e le languide intemperanze che segnavano un’età e un’epoca. perderlo di vista nel bel mezzo dello sviluppo della mia educazione sentimentale e della sua mediocre carriera furono un tutt’uno.
ritrovarmelo di fronte oggi, cresciutello, imbiancato e imbolsito mette quasi a disagio. segno inequivocabile del (nostro reciproco) tempo passato. scopro con stupore che la sua carriera discografica è proseguita in barba alla mia indifferenza e al successo bramato fino a giungere a questo piccolo disco in presa diretta che tenta astutamente di rinverdire vecchi fasti rivestendoli d’acustica e di corde pizzicate.
tutte le notizie necessarie per saperne di più sono ben impresse nella copertina del disco. per chi volesse (davvero?) approfondire rivelerò l’esistenza di un blog alquanto ufficiale che racconta le vicende di questa session. scopro l’esistenza di fans che, al contrario mio, non l’hanno abbandonato e evidentemente ne sostengono il proseguimento. 12 ballate che hanno perso quell’elettricità urgente e nervosa degli ’80 accompagnate da una voce che fatico a riconoscere. è scomparso quel singulto ormonale da crooner in urgenza riproduttiva, quell’atteggiarsi necessario di quegli anni; resta una voce esperta alla canzone e artigianalmente ineccepibile.
ma l’effetto palese resta quello dell’inappropriatezza, lo ripeto. lo era la sua musica sin troppo onesta in un frangente che chiedeva plastica e finti dandies addolorati, troppo in ritardo sui folksinger che lo ispirarono e assai in anticipo sul quel new acoustic movement ancora di là da venire.
inopportuni e costretti a costruirsi un proprio percorso lo eravamo per certo e chissà che un poco non ci abbia aiutato l’amabile songwritng perdente di Lloyd Cole. la madeleine di quest’oggi è amara, il ricordo sbiadito e l’incedere del tempo inesorabile. il pubblico adulto di cui sopra potrà (eventualmente) godere dell’esperienza retroattiva, gli altri, ignari di quei suoni appiccicati a quei tempi, sinceramente non saprei cosa ci potrebbero trovare. il disco è qui sotto e io, immantinente e leggermente affranto, provo a passare già oltre.
la mia connessione sta scaricandolo a 18.5 KB/sec, non so se arriverà alla fine….sarà un segno?
potrebbe esserlo
p.s. hrundi v. bakshi c’era, posso testimoniare
forse era mio padre…
hrundi v. bakshi senior
Rattlesnakes è davvero bellissimo, sì 🙂
Il “mercato” musicale degli anni 80′ non è stato per niente imbolsito e striminzito (come certa annedotica di una certa “scuola” vuol ancora sostenere) bensì pieno di fermenti e suoni che tuttora determinano gran parte della musica attuale. Se poi alcuni sono stati vissuti come terribili, quello è solo un problema della loro biografia (o miopia). Comunque la musica di Lloyd Cole era ed è tuttora una gemma.
quando parlo degli anni ’80 e li definisco terribili mi riferisco all’esplosione definitiva del music business e dell’abbandono dell’età dell’innocenza da parte di musicanti, musicisti e fruitori in genere. una volta inghiottito il punk e ammansita ogni spinta di rottura non restò altro che fare denaro con i cocci delle rivoluzioni precedenti.
io ricordo tempi duri, durissimi per chi cercava espressioni originali e autentiche nel bel mezzo di un mondo (musicale e non) che andava falsificandosi e plastificandosi. i risultati di quel processo sono sotto gli occhi odierni di tutti.
ma con questo non voglio dire che non vi fossero affatto espressioni salvabili, ancore di salvezza, anzi. Lloyd Cole, per qualche tempo, fu uno di quelli e altri ne potrei nominare.
in qualche modo però la “nostra genarazione” ha perso. a noi è rimasta una capacità di discernere il bello dal brutto, al music business i conti correnti satolli e la definitiva uccisione della musica. il download illegale e selvaggio di oggi è semplicemente il frutto di una malsana gestione del potere da parte di chi avrebbe potuto fare altrimenti.
terribili erano per questo e non per altro. se poi mi dici che quei suoni determinano ancora la musica attuale te ne do atto eccome, non cambierei gli Smiths con nessun gruppo venuto dopo e che li scimmiotta (male) impunemente, proprio no.
la mia biografia mi racconta questo, ma non volevo essere assolutista, anzi. il blog è qui per raccogliere opinioni di ogni tipo e accetto volentieri la tua critica. tante notti ho speso con i miei amici coetanei a rimembrare quegli anni e diverse posizioni sostenevano diverse opinioni. pluralità, certo che sì.
per questo ti ringrazio dell’opinione e sottoscrivo la tua definizione della musica di LLoyd Cole: una gemma. e aggiungo cara e privata.
a presto.
*aneddotica (mi scuso del tono un po’ perentorio e dell’errore di scrittura)