una precisazione innanzitutto…Madlib è un genio prezioso per l’umanità tutta. il ragazzo californiano (Oxnard, Los Angeles 1973) nasce come Otis Jackson Jr. e da una decina d’anni sta sconvolgendo l’universo musicale frullandolo, mixandolo e ripensandolo con le cuffie alle orecchie e diversi giradischi sui quali poggiare le preziose lacche viniliche per farle risignificare, risuonare e ridefinire i confini della black music e di ogni materiale che fagocita voracemente.
la sua biografia lo vede totalmente immerso nella musica da sempre e la sua produzione discografica sta assumendo proporzioni mastodontiche e bibliche. Lootpack, Madvillain e Quasimoto. Jaylib e Yesterdays New Quintet sono eteronimi di uno stesso diamante brillante, molte e altre visioni provenienti dalla stessa mente insaziabile, dalle stesse orecchie pensanti di un collezionista di vinili che preferisce una cinghia rotante e una puntina alle lusinghe di molti software abilissimi nell’arte del remix. un lavoro manuale fra campionatori e batterie elettroniche, tastiere e svariati giradischi.
fra le molteplici produzioni originali e i remix, le collaborazioni o le semplici partecipazioni che andrebbero davvero approfondite singolarmente perchè racchiudono una sensibilità e un gusto davvero spiccate, mi piacerebbe evidenziare le collaborazioni con due etichette prestigiose che da sole costituiscono piccoli grandi tasselli della storia della musica. nel 2003 la Blue Note decide di aprire i suoi archivi alla fame atavica di Madlib. scaturisce in breve tempo Shades of Blue, un capolavoro assoluto per eleganza e ripensamento del jazz della storica etichetta. il successo è assicurato e la fama planetaria definitivamente assicurata.
l’anno prima una operazione diversa nel concetto ma non troppo negli intenti aveva legato Madlib alla storica etichetta inglese Trojan. il più grande tesoro riguardante reggae roots e dub, rocksteady e ska a disposizione di un estimatore dei ritmi in levare e delle tematice rasta sottese a tutta la musica jamaicana (fra la l’altro il nostro non ha mai negato un suo amore quotidiananamente osservato verso la marijuana). nasce così per l’etichetta inglese Antidote il disco Blunted In The Bomb Shelter Mix dal nome dello studio californiano dove è stato pensato, idealizzato e realizzato il disco.
centinaia di 45 giri divorati e ascoltati conseguentemente, impastati e sovrapposti, associati e estrapolati da loro stessi, stravolti e ricomposti. ne è uscito uno stranissimo patchwork di finissima fattura composta da 45 (non a caso) tasselli condensati in poco più di un’ora di musica. brandelli, brevi e brevissimi secondi di misconosciuti successi dell’isola caraibica, voci di speaker radiofonici, aspirazioni, vere e proprie inspirazioni (polmonari), cover curiose (Reggae Makossa, Black Magic Woman) e delay pigiato a manetta dentro un feedback espanso. invocazioni all’erba nazionale (Sensimelia, I Love Marijuana) insieme a dub version e favourite ska dancers hits.
un omaggio doveroso e rispettoso al maestro Lee Scratch Perry e ai suoi Upsetters. un disco da ascoltare in cuffia con il sole sulla pelle attraversando Babilonia con un Walk Rastafari Way, da ascoltare in shuffle come il sintonizzatore impazzito di una radiolina transistor a Kingston Town. la zampata del leone di Zion e la definita consacrazione della musica reggae. inutile aggiungere altro… se non il solito consiglio!
…buon ferragosto, peace!
…un saluto da un passante…
ignipott.blogspot.com
un saluto da residente…
un saluto e Reggae Makossa a tutti da una nuova groupie di Madlib…
mi piace Hank così facile agli entusiasmi ed eccittato come un teen-ager…
questo disco merita, gli altri 999 fondamentali per comprendere il reggae saranno presto sotto le nostre grinfie!
“Eccittato” è la parola giusta, participio che richiama alla mente una dentiera più che un teen-ager… Quanto ai dischi, magari fossero solo 999!
in ogni caso terremo la conta…
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