la radio uabab #77

Radio Sonora
la radio uabab #77
lunedì 24 novembre 2014 ore 17,00
(replica mercoledì 26 novembre ore 17,00)
podcast

Coup Fatal
Vedro (After Vivaldi)

Fabrizio Cassol, Serge Kakudji, Rodriguez Vangama
Coup Fatal (Outhere, 2014)
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cover
Dos Camells

Os Meus Shorts
Os Meus Shorts II (Bankrobber, 2014)
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folder


Small Bird With Fast Hearts
Vieo Abiungo (William Ryan Fritch)
And The World Is Still Yawning B​-​Sides (Lost Tribe Souns, 2014)
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Roy-Nathanson-Complicated-Day


Simon

Roy Nathanson’s Sotto Voce
Complicated Day (Enja/Yellowbird, 2014)
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Alfredo Barroso_Cha cha cha
Bruca Maniguà
Abelardo Barroso with Orquestra Sensación
Cha Cha Cha (Nonesuch, 2014)
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Roy Nathanson’s Sotto Voce
Complicated Day

si potrebbe partire da una condivisibile definizione spuntata sul New York Magazine e, non a caso, messa ad esergo sul sito dell’etichetta Yellowbird“Roy Nathanson is an extraordinary composer that leads this perky, irreverent group that somehow manages to orbit both the Marx Brothers and Sun Ra.” non male, non c’è che dire!
si potrebbe partire da qui per tentare di raccontare da dove diavolo scappi fuori questa musica; sì, perché la domanda che viene spontanea ascoltando l’ultimo disco del collettivo Sotto Voce di Roy Nathanson è proprio questa: da dove proviene cotanta bellezza?
allora è forse bene partire proprio da quelle due orbite irriverenti (i Fratelli Marx e Sun Ra) e provare ad atterrare da qualche parte su questo pianeta: New York è certo il luogo ideale! è in quell’habitat che si muovono i nostri, con l’understatement necessario e l’irriverenza indispensabile per non rischiare di prendersi troppo sul serio.

roynathansone la musica? beh, quella si focalizza sulla forma canzone, almeno per questo Complicated Day (Yellowbird/Enja, 2014), esplorando il grande canzoniere americano e concedendosi otto originali corredati da due cover (una di Johnny Cash e l’altra Isaac Hayes: per non perdere un filo di incoerenza). i cantanti si alternano dietro al microfono e fanno un poco a turno come nelle democrazie più evolute: Roy Nathanson (sax alto e soprano), Curtis Fowlkes (trombone), Tim Kiah (basso), Sam Bardfeld (violino), Napoleon Maddox  (beatbox umano), Jerome Harris (chitarra) e il figlioccio Gabriel Nathanson (tromba). tutti a cantarne almeno un paio a testa, a rifarsi i cori a vicenda, lasciando al poeta Gerald Stern la narrazione di The Nettle Tree.

Roy-Nathanson-Complicated-Dayè di certo il jazz a costituire l’ossatura di questo disco, lo stesso che abbiamo già ascoltato dai Jazz Passengers (di cui questi Sotto Voce costituiscono la costola divertita) ma con in aggiunta un gigioneggiare sornione di leggerissima fattura: non a discapito della perizia tecnica e delle favolose soluzioni ritmico-armoniche (il vaudeville rumoristico di Napoleon Maddox garantisce vibranti andature swinganti) e neppure a danno della fischiettabilità (neologizzo, mi sia concesso il neologismo) di questi brani.
stile, divertimento, ironia, understatement, swing, funk, groove latino e improvvisazione collettiva: il tutto di notte, a New York e proprio in questo 2014: più o meno a metà strada fra Jerry Lewis e Ornette Coleman.
imperdibile davvero

Pubblicato in 2014 | 6 commenti

la radio uabab #76

Radio Sonora
la radio uabab #76
lunedì 17 novembre 2014 ore 17,00
(replica mercoledì 19 novembre ore 17,00)
podcast

cover10-300x300
In De Loopgraf

Einstürzende Neubauten
Lament (BMG, 2014)
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Andrea Belfi - Natura Morta
Immobili

Andrea Belfi
Natura Morta (Miasmah Recordings, 2014)
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cover


Vimeinen
Vladislav Delay
Visa (Ripatti, 2014)
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Jungle Gods

William Onyeabor
Box Sets 1 (Luaka Bop, 2014)
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front
Django. La périphérie des zones
Tchavolo Schmitt Quartet
Mélancolies d’un Soir (Adf Bayard Musique Label Ouest, 2014)
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Fabrizio Cassol, Serge Kakudji, Rodriguez Vangama
Coup Fatal

Luigi Ronda è entrato educatamente nella mia vita passando dalle pagine di questo blog, attraverso preziose mail e scambi di musiche per poi, finalmente, trovarsi e riconoscersi dietro una stretta di mano e diversi sugheri di bottiglia saltati per innaffiare le parole: e adesso mica ci si lascia più! anzi adesso inizia quello scambio necessario di bellezze che fa luccicare e impreziosisce un’amicizia: anche Luigi Ronda ha un blog ma non è la musica l’argomento principale del suo scrivere, o in un certo senso lo è, ma si capisce dopo. insomma auguro a chiunque di incontrare un Luigi Ronda se proprio non avrete la fortuna di trovare quello originale.
e lui che da almeno tre giorni continua ad insistere sul fatto di aver scoperto il disco più bello di sempre (parole sue), l’illuminazione sulla via di Kinshasa, la folgorazione dovuta al contagio della grande musica africana (glielo avevo detto io). e quindi, contravvenendo alle mie regole di libertà editoriale, ho promesso che l’avrei ascoltato e ne avrei scritto in ogni caso, positivo o negativo che fosse.

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il disco in questione si chiama Coup Fatal e, malgrado io volessi rimanere completamente all’oscuro di tutto fino al primo ascolto, sono venuto a sapere involontariamente che verte attorno ad un incontro fra arie barocche, musica congolese, balletto e teatro. insomma abbastanza da poter sospettare un pasticcio!
Coup Fatal
è innanzitutto uno spettacolo/concerto teatrale di Alan Platel, col marchio della sua compagnia dei Ballets C de la B, ma non è il balletto il fulcro di questa produzione. piuttosto la musica e la scoperta da parte Fabrizio Cassol (collaboratore di Platel) di un controtenore autodidatta congolese che giunto al conservatorio belga si dedica allo studio della vocalità nel concerto barocco: Serge Kakudji, questo il suo nome, si applica ed apprende ma quando ritorna a Kinshasa per spiegare agli amici che tipo di musica sta studiando si rende conto della voragine culturale che separa la sua passione dalla grande tradizione musicale del suo paese. e a questo punto che giunge il chitarrista Rodriguez Vengama e Les Salopards (13 musicisti armati di chitarre, likembe, balafon e percussioni) a fare da collante ad un progetto che aveva già avuto un primo tentativo nello spettacolo Pitié (2009) dove si abbozzava questa fusione inverosimile (nello spazio e nel tempo) fra barocco e tradizione congolese.

Coup Fatal

Coup Fatal (Outhere, 2014) è il titolo dell’opera e del disco e deve questo nome alla fatalità dei proiettili che purtroppo infestano le tante guerre del continente: la scenografia dello spettacolo è curata da Freddy Tsinda che ha decorato il palcoscenico con tendaggi formati da bossoli di proiettile esplosi. scenografia scarna dove 13 musicisti circondano il proscenio in una classica ambientazione afropolitana, illuminazione notturna e con abiti da sapeurs. e poi giunge la figura di Serge Kakudji che canta brani che fondono Haendel, Gluck, Monteverdi e Vivaldi con le sonorità della rumba e dei nuovi ritmi elettrificati congolesi. ed è una vera sorpresa!

il disco è una delizia inimmaginabile perché il ponte che lancia unisce due sponde inverosimili: non una crasi, non un pasticcio e neppure una fusione, impossibile la contiguità degli stili e qualsivoglia terreno comune. siamo in un luogo inesistente, un’ipotesi irrealizzata di un incontro incongruo dove, di volta in volta, non sarà difficile riconoscere qualcosa di conosciuto ma trasfigurato da un’idea primigenia che riconduce tutto in un altrove inatteso. eppure la freschezza e la gioia che sprigionano queste 11 composizioni ridona grazia e gusto, quella semplicità primordiale della musica africana unita all’umanesimo intriso di animo rinascimentale che rendeva il concerto barocco una musica dello spirito.
consiglio (come sempre) ripetuti ascolti, il superamento dello straniamento da perdita di orientamento culturale e l’abbandono di ogni pregiudizio di sorta. lo spettacolo è ancora in tour e purtroppo è appena transitato dall’Italia (Life is what happens to you while you’re busy making other plans! stigmatizzava John Lennon) e pure andato in onda su Rai5.
ma il disco è qui e credo si debba ringraziare Luigi Ronda per l’entusiasmo: e se non vi capiterà di incontrarlo di persona presenterò io di persona la vostra gratitudine.
buon ascolto

Pubblicato in 2014 | 3 commenti

la radio uabab #75

Radio Sonora
la radio uabab #75
lunedì 10 novembre 2014 ore 17,00
(replica mercoledì 12 novembre ore 17,00)
podcast

cover
Pupilas Dilatadas

Fumaça Preta
Fumaça Preta (Soundway Records, 2014)
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Fiesta-que-viva-la-300x300
Son

Ensamble Polifónico Vallenato / Sexteto La Constelacion
Fiesta, Que Viva La (Staubgold, 2014)
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tomzeviralatanavialacteacapa-300x300


Banca de Jornal (com Criolo)
Tom Zé
Vira Lata Na Via Láctea (Tom Zé, 2014)
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amparo


Rio Turbio

Amparo Sánchez
Espíritu del Sol (Harmonia Mundi|WorldVillage, 2014)
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arthur
Lettre à Nora, 2 décembre 1909
Arthur H & Nicolas Repac
L’Or d’Eros (Naïve, 2014)
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la radio uabab #74

Radio Sonora
la radio uabab #74
lunedì 3 novembre 2014 ore 17,00
(replica mercoledì 5 novembre ore 17,00)
podcast

GonBoogaloo-300x300
The Zombie

C.W. Stoneking
Gon’ Boogaloo (King Hokum Records, 2014)
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yusuf
Tell ‘Em I’m Gone

Yusuf
Tell ‘Em I’m Gone (Sony, 2014)
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neil


Who’s Gonna Stand Up? / I Want To Drive My Car
Neil Young
Storytone (Deluxe Edition) (Reprise Records, 2014)
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daniel


Tamboura Jah

Daniel Lanois
Flesh And Machine (Red Floor Records, 2014)
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dean
Molly & Aquafina (feat. Joanne Robertson)
Dean Blunt
Black Metal (Rough Trade, 2014)
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Rob Mazurek and Black Cube SP
Return the Tides: Ascension Suite and Holy Ghost

ci sono ancora aggettivi inutilizzati per descrivere la musica di Rob Mazurek? e soprattutto, ne servono davvero? forse no e forse neppure importa! ma importa restare elettrizzati da questa urgenza che Mazurek continua a sferzare, da questo fibrillante bisogno di urticare la contemporaneità, sobillandola, provocandola e cercandone vertigini e fragilità. il ritmo delle uscite discografiche del cornettista è febbrile, quasi malsano, urgente appunto. è il ritmo che lui stesso ha deciso per scandagliare questa modernità musicale di cui lui è allo stesso tempo figliol prodigo e pioniere. un ritmo forsennato.
ma poi accade che quella gran bagascia della vita disarcioni di sella improvvisamente, scarti di lato e ferisca frenando bruscamente la corsa. in soli undici giorni Rob Mazurek vede ammalarsi e scomparire la sua amata madre: ecco dunque il dolore bianco, quello che ottunde e annichilisce.

mazurek 1l’inerzia e lo slancio dolente lo catapultano in uno studio di registrazione due settimane dopo l’evento luttuoso. São Paulo. attorniato dai sodali musicisti che lo hanno accompagnato negli ultimi anni da vita ad un rito privato di celebrazione, una funzione pagana, un rito spurio: Return the Tides: Ascension Suite and Holy Ghost (Cuneiform Records, 2014). Rob Mazurek and Black Cube SP è l’evocazione della confraternita salmodiante: fra loro Mauricio TakaraGuilherme GranadoThomas RohrerRogerio MartinsRodrigo Brandão. una lunga seduta estemporanea ed evocativa, un flusso che sin dal titolo evoca due anime spirituali che continuano a benedire queste musiche. il tutto pensando a Kathleen Palma Barbara Curach Mazurek.

Return the Tides Ascension Suite and Holy Ghost

Mazurek che annota una poesia e racconta del suo stordimento (si possono leggere qui), di un disordine che nella suo alfabeto trova la necessità lenitrice di una composizione in 4 lunghi brani che si susseguono senza soluzione di finitezza; dalla dolcezza di Oh Mother (Angel’s Wings) al sabba batucado di Return the Tides, poi la trasfigurazione elettrico-lisergica di Let the Rain Fall Upwards fino alla quiete riconoscente di Reverse the Lightning con una coda spirituale evocata da un coro degno del Bardo Thodol.
aggettivi non ve ne sono e come si diceva non necessitano, non per questa musica che pare ostile e che invece ha una visionarietà che guarda oltre ogni qualsivoglia difficoltà. di certo siamo di fronte al Mazurek più carnale, umano e mortale che ci sia capitato di ascoltare. nessuna delle sue amate cosmologie, nessun universo sonico o planetario: l’uomo Mazurek che onora sua madre e ci lascia ascoltare la sua preghiera.
buon ascolto

Pubblicato in 2014 | 6 commenti

la radio uabab #73

Radio Sonora
la radio uabab #73
lunedì 27 ottobre 2014 ore 17,00
(replica mercoledì 29 ottobre ore 17,00)
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310 Lunes, Photographie d'un objet sonore - Lo'JoTajaban
Lo’Jo
310 Lunes: Photographie d’un Objet Sonore
(World Village, 2014)

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ernst
For Pieter’s Birth

Ernst Reijseger
Feature (Winter & Winter, 2014)
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erik


Red Café
Erik Honoré
Heliographs (Hubro, 2014)
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david

There’s A Light That Enters Houses… (excerpt)
David Sylvian
There’s A Light That Enters Houses With No Other House In Sight (Samadhisound, 2014)
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Oren-Ambarchi-Quixotism-300x300
Quixotism Part 3
Oren Ambarchi
Quixotism (Editions Mego, 2014)
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Rapoon-300x300
Je Veux D’ L’Amour
Rapoon
Cultural Forgeries (Alrealon Musique, 2014)
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la radio uabab #72

Radio Sonora
la radio uabab #72
lunedì 20 ottobre 2014 ore 17,00
(replica mercoledì 22 ottobre ore 17,00)
podcast

presentazione dell’ultimo album di Paolo Conte
Snob (Platinum/Universal, 2014)
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front

elenco dei brani ascoltati:
Tropical
Si Sposa l’Africa
Snob
Argentina
Manuale di Conversazione
Signorina Saponetta
Incontro
Maracas

 

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Lo’Jo
310 Lunes: Photographie d’un Objet Sonore

Lo’Jo è una storia di vita, d’amicizia, di viaggi e di sogni; ma più di ogni altra cosa è una storia di musica che tutti questi ingredienti ingloba e fa splendere. Lo’Jo è una storia francese nata ad Angers nel 1982 quando due amici (Denis Péan e Richard Bourreau) iniziarono a condividere l’errare della strada, i desideri della gioventù e l’urgenza di voler suonare la musica che incendiava i loro entusiasmi. Lo’Jo è anche una storia un po’ troppo misconosciuta da questa parte delle Alpi e il loro ultimo disco e queste parole proveranno a presentarla: spero possano allargare la cerchia degli amici.

lo'jo

Denis Péan e Richard Bourreau sono ancora ai loro posti, e neppure si sono allontanati troppo dalla loro Angers dove hanno piantato le radici del loro quartier generale malgrado i tanti viaggi e gli occhi (e le valigie) voltati verso l’uscio di casa. sono cambiati nel corso degli anni alcuni musicisti ma da qualche tempo la formazione si è stabilizzata al numero di sei elementi: Denis alla voce e alle tastiere, Richard al violino e alla kora e con loro Nicholas ‘Kham’ Meslien al basso, Franck Vaillant alla batteria e le due sorelle berbere Yamina Nid El Mourid (sax e voce) e Nadia Nid El Mourid al canto.
la data di fondazione di questo sodalizio è da ricercarsi nel lontano 1982 quando le urgenze post-punk di quel periodo si fusero ben presto con la curiosità per le musiche del mondo: questo continuo andirivieni fra l’ardore culturale in cui nacque il gruppo ed il mondo come bandiera iniziarono a forgiare la cifra del collettivo che nel corso degli anni è andata definendosi, sublimandosi fino a creare una capacità di suonare una musica che non sta più né qua né la. una decina di dischi e tanti viaggi con un furgone-carrozzone di fortuna verso i balcani, l’occitania, il mediterraneo (tutto) e l’Africa (la responsabilità creativa del Festival au Désert è anche un poco loro). e poi teatro, collaborazioni e tempo speso a vivere la propria passione.

lo

che musica suonano i Lo’Jo? questa la domanda difficile! una musica che guarda al mondo sapendo di avere radici europee, un suono che si fonde e si confonde con le culture incrociate nel cammino senza quelle contaminazioni (che brutta parola!) improvvisate ed estemporanee tipiche di molti prodotti odierni. le loro lunghe peregrinazioni nei territori esplorati hanno sempre lasciato sapienza nelle loro composizioni, come una tradizione senza luogo che andava formandosi nel loro sapere e nel loro fare musica. residui, strascichi, come sabbia nelle scarpe o conchiglie in valigia.

310 Lunes, Photographie d'un objet sonore - Lo'Jo

i Lo’Jo hanno contato 310 lune dalla loro fondazione (che meraviglioso modo di misurare il tempo) e così hanno voluto intitolare questo disco (vagamente) antologico. 310 Lunes: Photographie d’un Objet Sonore (World Village, 2014) consta di due dischi diversamente significativi l’uno dall’altro. nel primo un vero e proprio ensemble cameristico di fiati riprende alcuni brani dei Lo’Jo attraverso gli arrangiamenti di Renaud-Gabriel Pion. clarinetti, sassofoni, tuba, tromba, flauto, oboe e trombone suonati da Stéphane Coutable, Élisabeth Hérault, Michel Massot, Alan Regardin e lo stesso Renaud-Gabriel Pion; ospiti speciali di queste riletture sono stati Magic Malik, Roswell Rudd, Erik Truffaz e Hasan Yarimdünia.

una musica da camera certo, ma una camera con quattro finestre spalancate sui punti cardinali. oppure il mondo in una stanza (parafrasando una formula non certo scontata per questa musica); dinamiche che rubano dai ritmi di un immaginifico altrove, sembrerà a volte di cogliere questo o quel sapore che giureremmo essere di un luogo ben preciso, ma un attimo dopo il tutto è già fuggito in un altro mondo e dietro un nuovo orizzonte. ailleurs, altrove appunto!

il secondo disco invece rende giustizia ad una loro pubblicazione del 1989 (si noti bene la data) uscita praticamente in tiratura ridotta e a stretto beneficio di amici e astanti dei loro live: The International Courabou (questo il titolo) viene oggi rieditato e diffuso ad aprire una piccola finestra nel tempo che rende giustizia della vocazione (già allora) integra di esplorare i mondi sonori circostanti. il jazz come tavolozza per carpire questi suoni, ma anche sapori africani e ritmi dinamici buoni all’uopo danzereccio: negli stessi anni ed in quella stessa Francia qualcuno ricorderà Mano Negra e Les Négresses Vertes; ecco forse, senza timore di errare, i Lo’Jo rappresentavano la terza faccia di questa triade, con meno appeal ritmico ma compensato da una ricerca assai più approfondita nella medesima direzione di quei due grandi fenomeni.
i Lo’Jo sono ancora vitali ed errabondi, magari sarebbe bello incrociarli e sentirli fraterni.
buon ascolto

Pubblicato in 2014 | 1 commento