la radio uabab #16

Radio Sonora
la radio uabab #16
venerdì 22 febbraio 2013 ore 21,00
(replica sabato 23 febbraio ore 21,00)
p o d c a s t


Great Pretender
Reut Regev’s R*time
Exploring The Vibes (Enja, 2013)
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Patsy
Flat Earth Society
13 (Iglectic, 2013)
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01
Szilárd Mezei Vibes & Strings Quartet
49 Glances Toward Fields (Echomusic, 2013)
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The Sweetest Gift
The Reveries
Matchmakers Vol.2: The Music Of Sade (Barnyard Records, 2012)
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Hemisacraal
Ernst Reijseger / Harmen Fraanje / Mola Sylla
Down Deep (Winter & Winter, 2013)
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(il suono carsico)
Chris Abrahams & Sabine Vogel
Kopfüberwelle (absinthRecords, 2012)
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Pubblicato in la radio uabab, la radio uabab 2012/2013 | 4 commenti

Flat Earth Society
13 (The Most Unreliable Music Since 1999)

ammetto e confesso la mia ignoranza sul fatto che in Belgio sapessero divertirsi! gli artefatti provenienti da quelle lande mi avevano sempre lasciato quel sentore greve di umido e pioggia, una malinconia grigia da spalmare su fette di pane nero. inoltre ho spesso sentito i francesi sfottere un poco i loro vicini facendo leva su quella vaga tristezza che impregna quelle terre e l’umore dei loro abitanti. e invece ecco giungere da quel Regno del Belgio 15 paladini armati di strumenti musicali ed una notevole dose di sarcasmo e autoironia: a capitanarli è il clarinettista Peter Vermeersch che li ha voluti riuniti, da quasi tre lustri, sotto la divertente ragione sociale di Flat Earth Society. non vi è dubbio che i nostri abbiamo volutamente mutuato questa denominazione dalla assai più nota ed omonima associazione che difende e sostiene l’idea che la terra sia piatta!!! è tutto vero ed è pure surrealistico e divertente: la Flat Earth Society esiste eccome in una sorta di cocciuto e ottuso atteggiamento miscredente a difendere una teoria vecchia come il mondo! ma non è di fantageofisica che vorrei parlare. piuttosto di questa big band sorprendente che ha appena pubblicato il suo tredicesimo disco intitolandolo (a scanso di equivoci) 13 (Iglectic, 2013): 13 come i brani, 13 come il titolo e 13 come l’anno in accordo con la teoria della società (quella geofisica) che lo considera un numero “tondo” (non chiedetemi altro presumo si tratti di ciò che chiamiamo numero primo): e dunque è valsa la pena di farne un giubileo e di pubblicare un disco!

dal 1999 la più inattendibile delle musiche, così recita il sottotitolo del disco a tentare di identificare l’imprevidibilità e l’eccentricità di queste musiche e di questi musicisti. e allora varrà la pena di citarli tutti in rigoroso ordine alfabetico: Stefaan Blancke (trombone), Benjamin Boutreur (sax), Berlinde Deman (tuba), Bart Maris (tromba), Michel Mast (sax), Marc Meeuwissen (trombone), Kristof Roseeuw (contrabbasso), Peter Vandenberghe (tastiere), Luc Van Lieshout (tromba), Bruno Vansina (sax), Teun Verbruggen (percussioni), Peter Vermeersch (clarinetto), Pierre Vervloesem (chitarra), Wim Willaert (accordéon) e Tom Wouters (clarinetto e percussioni). nel corso degli anni le collaborazioni dei Flath Earth Society hanno annoverato  personaggi assai cari a chi scrive (Ernst Reijseger, Jimi Tenor e Uri Caine) ed in alcuni episodi su disco e dal vivo si fanno aiutare dalle voci preziose di Esther Lybeert e di John Watts.

ma che musica c’è dentro questo 13? innanzitutto ci sono 11 composizioni originali e due brani presi a prestito da Tom Dissevelt e da Scott Joplin: tutte interpretate ed affrontate con quel piglio che già Paolo Conte ha definito da orchestra eccitata e ninfomane. dinamicità spasmodica, divertimento, atmosfere notturne e cinematografiche da noir anni ’40; insomma la vasta gamma offerta da una tavolozza di colori ampia (15 ottimi e curiosi musicisti che sanno divertirsi e vogliono suonare assieme possono condurre davvero in ogni luogo), occhieggiamenti all’elettricità, spruzzate etniche, echi balcanici e tentazioni latine, un poco di jungle ellingtoniana fino ad alcuni lieti connubi con il croonin’ in stile jazz (Patsy è una delizia fra cinema e letteratura).

se ne udiranno delle belle potrebbe strillare l’imbonitore da fiera invitando gli increduli ad entrare nel tendone per verificare di persona che se proprio non è piatta, di certo un poco tonda la terra lo è!
buon ascolto

Pubblicato in 2013 | 2 commenti

la radio uabab #15

Radio Sonora
la radio uabab #15
venerdì 15 febbraio 2013 ore 21,00
(replica sabato 16 febbraio ore 21,00)
p o d c a s t


Tumburanke
Malick Pathé Sow & Bao Sissoko
Aduna (Muziekpublique, 2012)
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A Yé Wili
Makan Badjé Tounkara
Sodjan (Buda Musique, 2012)
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Jama Ko
Bassekou Kouyate & Ngoni Ba
Jama Ko (Out Here Records, 2013)
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Kadete
Sékouba ‘Bambino’ Diabaté
The Griot’s Craft (Sterns Music, 2012)
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Adidja
Moreno And L’Orch First Moja-One
Sister Pili+2 (Sterns Music, 2012)
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(il suono carsico)
Toumani Diabaté
The Mandé Variations (Nonesuch/World Circuit, 2008)
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Pubblicato in la radio uabab, la radio uabab 2012/2013 | 3 commenti

Szilárd Mezei Vibes & String Quartet
49 Glances Toward Field

questo incessante procedere rabdomantico nella giungla rigogliosa delle uscite discografiche “spontanee” produce assuefazione, stordimento, accumulazione, bulimia ed un vago senso di rincoglionimento. non starò qui a ribadire i pro ed i contro di questa situazione (non so neppure più se mi interessi) ma piuttosto auguro a ciascun esploratore di questa giungla di procurarsi al più presto una buona metodologia di avanzamento (un manuale di cammino) per non rimanere succube di un miele trasformato in veleno asfissiante. io da parte mia ho buoni informatori (una volta li chiamavo pusher), luoghi segreti da consultare come oracoli, scritture private e, mi sia concesso, un vago fiuto che mi convince di riconoscere ciò che mi pare avrei dovuto riconoscere: circonlocuzione capziosa, ne convengo!
è così che capita di imbattersi in un disco di cui non si sa proprio nulla: titolari sconosciuti, etichetta sconosciuta, recensioni nulle, suggestioni zero. ma qualcosa stuzzica la curiosità (forse la copertina? forse quel titolo?) e quindi si procede all’ascolto con la trepidante attesa di raggiungere quell’oasi inesplorata che ogni rabdomante cerca.
ed in questo disco vi è abbondante acqua per la mia sete, acqua inattesa e quindi assai grata, acqua proveniente da un luogo (che visitai fisicamente) dal quale tutto mi sarei aspettato tranne questo. Novi Sad vede scorrere il grande Danubio ma non è di quell’acqua che vado parlando: è in questo luogo che nel settembre 2006 sono entrati in studio Szilárd Mezei (viola), Albert Márkos (violoncello), Ervin Malina (contrabbasso) e Lazar Čolović (vibrafono) per registrare questo disco uscito solo a gennaio di quest’anno per la net label Echomusic.

Szilárd Mezei Vibes & String Quartet 49 Glances Toward Field (Echomusic, 2013) è il titolo e tutto ciò che sapevo prima di ascoltare il disco. quattro emeriti sconosciuti (a me, sia ben detto) per i quali è stato necessario ricorrere alla rete per scoprire notizie ulteriori (e a quelle rimando inutile copiare ed incollare).
ciò che posso fare però è suggerire l’ascolto di un quartetto da camera sobrio e discreto capace di creare una lunga sequenza di brani (49 appunto, di durata variabile) che come una tela irretisce l’ascoltatore dentro morbide vibes (dal titolo). sapori jazz, blues e cinematici, poche concessioni gratuite all’improvvisazione e una misura ed un equilibrio che sono forse il pregio più evidente di questo lavoro. alcuni temi ritornano arrangiati diversamente e intrigano ulteriormente l’ascolto a creare lieti déjà vu (déjà écouté, meglio): talentuosi e modesti i quattro musicisti che nella prima e nelle ultime 9 tracce sono raggiunti dalle voci femminili salmodianti di Hajnalka TarapcsikAndrea Kalmár: perché? la sensazione è leggermente straniante e fuorviante ma bisognerebbe conoscere il serbo per comprendere il senso della questione, ma da Novi Sad ci sono solo passato e non comprendo.
è tutto, è solo acqua, ma è fresca e disseta.
alla salute e buon ascolto.

Pubblicato in 2013 | 1 commento

la radio uabab #14

Radio Sonora
la radio uabab #14
venerdì 8 febbraio 2013 ore 21,00
(replica sabato 9 ottobre ore 21,00)
p o d c a s t


Yo, Yeo, Yough
Mostly Other People Do The Killing
Slippery Rock! (Hot Cup Records, 2013)
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Canta y No Llores
Billy Martin’s Wicked Knee
Heels Over Head (Amulet Records, 2013)
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Ghost Town
The Hot 8 Brass Band
The Life & Times Of… (Tru Toughts, 2012)
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Circiata
Orio Odori
La Mia Banda (Materiali Sonori, 2012)
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Ataraxy
L’Orchestre De Contrebasses
R U Sexperienced (Musica Guild. 2012)
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(il suono carsico)
Nate Wooley
The Almond (Pogus, 2011)
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Pubblicato in la radio uabab, la radio uabab 2012/2013 | 5 commenti

The Hot 8 Brass Band
The Life & Times Of…

il carnevale (inutile negarlo) incarna nella sua essenza l’aspetto comico ed assieme amaro di ogni esistenza umana: è forse anche per questo che lo si celebra in ogni angolo del pianeta trasfigurando ciò che da religioso è divenuto ben altro, così, tanto per ricordarsi la natura caduca del nostro tempo e per farci sopra una grassa risata. uno di questi spigoli del globo che si sta preparando ai festeggiamenti è di certo New Orleans: sono certo che nei prossimi giorni nella Crescent City sfileranno in parata carri, travestimenti e le immancabili marchin’ brass band. e fra queste andrebbe di certo tenuta d’occhio la line-up degli Hot 8 Brass Band.

è finalmente sul finire dell’anno scorso che questo collettivo di giovani musicisti afro-americani è riuscito a dare alle stampe il loro secondo lavoro per l’etichetta inglese Tru Thoughts dopo l’esordio (Rockin With The Hot 8) risalente all’ottobre 2007. dalla loro fondazione (nel 1995) fino a giungere a questo secondo disco è accaduto davvero di tutto (a loro e non solo a loro): e se per qualsiasi cittadino di New Orleans l’uragano Katrina rappresenta l’apice di una tragedia collettiva e sociale condivisa, a questa, i membri degli Hot 8 debbono aggiungere il dolore amaro e personale della perdita di quattro membri della formazione originale (tre di questi in violente sparatorie e uno a causa dell’ipertensione). come se non bastasse il trombettista Terrell Batiste ha perso gli arti inferiori in un incidente d’auto!
per ingoiare tutto questo e continuare ad aver voglia di soffiare dentro ad un ottone è necessaria una rabbia consapevole e socialmente attiva, una capacità di seppellire il fiele della vita sotto una fasulla zuccherosità carnascialesca. la vita della Hot 8 Brass Band continua e la lotta non si arresta: è bene dire a questo punto che nel 2004 il trombonista Joseph “Shotgun Joe” Williams (membro del gruppo) fu ucciso dalla polizia nelle controverse circostanze di un posto di blocco. gli Hot 8 non hanno certo dimenticato e anche nel nuovo disco non fanno mancare la denuncia di queste colpe.

The Life & Times Of… (Tru Toughts, 2012) è un disco vitale e carnale che apparentemente nasconde le ferite aperte di questi otto giovinastri cresciuti troppo in fretta all’amaro sapore dell’essere afro-americani negli Stati Uniti, ed in particolare a New Orleans. i ragazzi hanno saputo abbeverarsi alla inesauribile fonte sonora che la città sgorga da oltre un secolo ma, allo stesso tempo, sono figli di una generazione che è cresciuta con l’hip hop, le gang e tutta la musica nera degli ultimi vent’anni. e si sente. l’anima della brass band è irrorata di funk, di jazz e di rap (o hip hop che dir si voglia): fa capolino una chitarra elettrica (Fine Tuner) e sembra di sentire gli Earth Wind & Fire, ci sono grida belluine di incoraggiamento e di approvazione e pare di essere in un workshop di Charles Mingus, arriva l’mc e si incarna l’anima dei Public Enemy. non manca la denuncia diretta ed esplicita alla polizia (Can’t Hide from the Truth) e la dichiarazione d’amore per la città da cui provengono (New Orleans – After the City) e non mancano neppure le cover che guardano contemporaneamente al futuro ed al passato: Bingo Bango rubata al repertorio di Basement Jaxx e lo splendido singolo (Ghost Town) preso a prestito dai gloriosi Specials!

The Hot 8 Brass Band non dimenticano (il video parla chiaro) e chiedono a noi di non dimenticare. lo fanno nel modo più sgargiante facendo brillare gli ottoni alla luce del sole con nel cuore le ferite e sulle labbra un sorriso che è quasi un ghigno. un cucchiaio di miele ed uno di polvere da sparo, un assolo ed una preghiera, un sorriso e un brutto scherzo, come fosse carnevale!
buon ascolto.

Pubblicato in 2012 | 4 commenti

la radio uabab #13

Radio Sonora
la radio uabab # 13
venerdì 1 febbraio 2013 ore 21,00
(replica sabato 2 febbraio ore 21,00)
p o d c a s t

Purple Hay
Trance Farmer VA Stones Throw & Leaving Records: Dual Form (Stone Thrown, 2013)
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The Road Trip Of Bipasha Ahmed
Pere Ubu
Lady From Shanghai (Fire Music, 2013)
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Sad Laugh
L. Pierre
The Island Come True (Melodic, 2013)
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Where Are We Now?
David Bowie
The Next Day (Columbia, 2013)
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Keeping The Light Up
Rob Mazurek Octet
Skull Sessions (Cuneiform, 2013)
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(il suono carsico)
Mountains Centralia (Thrill Jockey, 2013)
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Pubblicato in la radio uabab, la radio uabab 2012/2013 | 1 commento

Malick Pathé Sow & Bao Sissoko
Aduna

tornare alla grande musica africana e continuare a scoprire nuove meraviglie è una delle attività più gradevoli da praticare nell’esercizio della necessaria curiosità; instancabile e indispensabile voglia di trovare ancora (ed ancora) una musica per allietare quest’oggi e l’indomani che già giunge. e allora ci si affaccia sul grande continente per ascoltare ancora bellezza e purezza, e quando si ha la fortuna di trovare ancora perle limpide e scintillanti, e non screziate dall’intervento invasivo occidentale, si ha la sensazione di aver raggiunto il cuore di questa curiosa ricerca.
è così che cercando in Africa si può raggiungere il Belgio perché (ahi noi!) è ben noto che i figli della grande madre africana sono stati costretti a lasciare i loro paesi per una fortuna da contrapporre alla sfortuna che gli abbiamo imposto. strano paradosso da vivere: emigrare laddove si annida la causa della forzata partenza. si diceva dunque che è il Belgio che ha accolto Bao Sissoko, uno griot della tradizione mandinga, suonatore di kora e cantante. ed è sempre il Belgio che attraverso il contributo della Fédération Wallonie-Bruxelles e dell’etichetta Muziekpublique hanno reso possibile la realizzazione e la documentazione di questo incontro realizzato proprio in terra belga fra Bao Sissoko e il senegalese Malick Pathé Sow testimone della cultura Fulani (o del popolo Peulh) attraverso il canto, la chitarra e dell’hoddu (detto anche Xalam, ossia un liuto della tradizione dell’africa occidentale).

incontro acustico e delizioso fra due voci di una grande cultura dell’Africa occidentale: serica e dolce quella di Malick Pathé Sow (che ricorda quella di Baaba Maal di cui Sow è stato collaboratore), polverosa e calda quella di Bao Sissoko. incontro di corde senza nessun intervento di elettroniche, elettricità invasive, produzioni edulcorate occidentali. incontro fra due musicisti che hanno voluto alcuni amici africani per aggiungere (in alcuni brani) quei colori necessari a raccontare la musica che hanno immaginato: Seringe Thiam alla calebassa (calabash), Talike Gelle al canto, Guo Gan all’erhu Emre Gültekin ai tamburi.

Aduna (Muziekpublique, 2012) è un disco intimo e scintillante di quiete melodie africane. disco che induce una trance pacata e lieve, benefica e per certi versi appacificante: una musica che si insinua suadente ad ogni ascolto successivo. siamo in bilico fra quello che è stato definito Mali blues (nel disco c’è una Hommage à Ali Farka Toure che non necessita esplicitazioni) e la tradizione islamica della preghiera.

il video dal vivo spero espliciti assai di più di ogni mia parola; mi fermo qui.
buon ascolto.

Pubblicato in 2012 | 7 commenti

la radio uabab #12

Radio Sonora
la radio uabab # 12
venerdì 25 gennaio 2013 ore 21,00
(replica sabato 26 gennaio ore 21,00)
p o d c a s t


Strange Things
Roseaux
Roseaux (Tot Ou Tard, 2012)
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Masurka Mafiosa Marselhesa
Lo Còr de la Plana
Marcha ! (Buda Musique, 2012)
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Appell à Mes Soeurs
Imidiwen
Image De Kidal (Le Chauffeur Est Dans Le Pré, 2012)
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Nitido e Obscuro
Guinga e Quinteto Villa-Lobos
Rasgando Seda (Selo SESC, 2012)
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He Was
Leslie Winer
&c. (The Wormhole, 2012)
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(il suono carsico)
Scanner
Colofon & Compendium 1991-1994 (Sub Rosa, 2012)
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Pubblicato in la radio uabab, la radio uabab 2012/2013 | 4 commenti

Mostly Other People Do The Killing
Slippery Rock!

e se l’anno era iniziato con musiche alquanto claustrofobiche, grevi e per certi versi meste, ecco giungere una di quelle risate che tutte queste grame sonorità seppellisce: un bello sghignazzo in forma di quartetto a nome del più irriverente e autoironico collettivo di tutto il panaorama avant jazz. i Mostly Other People Do the Killing sono tornati e confesso che oltre sentirne la mancanza, ce n’era un gran bisogno. il quinto album in studio per il quartetto di base a New York si accasa (come al solito) presso l’etichetta Hot Cup Records: e come sempre Moppa Elliott al basso, Peter Evans alle trombe varie (slide, piccola e classica), Jon Irabagon al flauto ed ai sassofoni (tenore, alto, soprano, sopranino) ed infine Kevin Shea alla batteria e alle percussioni.

Slippery Rock! (Hot Cup Records, 2013) prende le mosse dalla rivisitazione di un certo jazz a cavallo fra i ’70 e gli ’80, o almeno così raccontano i comunicati stampa, ma con i MOPDTK si sa di certo dove si comincia ma non di certo dove si va a finire. 9 brani che prendono il titolo da divertimenti su altrettante città della Pennsylvania (da cui proviene Moppa Elliott vero e proprio responsabile e curatore di questo progetto), 9 brani contenuti per minutaggio e senso della misura: sì perché la sensazione è che l’irrequieta e gaia baldanza di questi quattro musicisti li potrebbe portare a dilagare oltre lo spazio ed il tempo. in ogni brano di questo nuovo lavoro vale il principio fisico per cui la linea più breve fra l’inizio di un brano e la sua naturale conclusione è l’iperbole: continui cambi di ritmo, di tempi, rapide scorciatoie e divagazioni negano ogni più plausibile previsione su che cosa ci si stia aspettando nell’attimo seguente a quello che si sta ascoltando.

si fatica pure a comprendere quanto è lo spazio lasciato all’improvvisazione a discapito di quello dedicato alla scrittura: ciò che è certo è che i MOPDTK fanno scottare la poltrona sulla quale ci si vorrebbe accoccolare all’ascolto. l’interplay fra i quattro è sensazionale, fatto di misura e di rispetto delle reciproche voci chiare e squillanti: il caos dietro l’angolo è puntualmente scongiurato da una maestrìa tecnica fuori dal comune. si evince quell’affiatamento che distingue i MOPDTK da altri collettivi messi in piedi in modo estemporaneo: verrebbe voglia di rispolverare il motto dei moschettieri (tutti per uno etc. etc.) se non fosse che guasconi e burloni lo sono già abbondantemente di loro. basta ricordare la loro attitudine a prendersi in giro, ad agghindarsi così come si può notare dalla copertina del disco e da queste foto e a dar sfoggio di quell’attitudine citazionista che li porta a scimmiottare temi classici del jazz nel bel mezzo delle loro furiose improvvisazioni.

il disco diverte e stupisce, uno slapstick sonoro che salta fra i generi senza appartenere a ciascuno di essi: dalla marchin’ band al blues passando per il rhythm & blues senza disdegnare la disco, con sott’occhio quella fusion da cui pare prendere l’abbrivo il disco.
credo sia giusto passare all’ascolto con quel sorriso che è pur sempre la cosa più sana per non rischiare di prendere troppo sul serio la musica, e la vita, che della musica ne è appendice! mi pare che Woody Allen dicesse che sorridere è la cosa più divertente da fare con i vestiti addosso: e allora buon divertimento!

Pubblicato in 2013 | 7 commenti