Guinga e Quinteto Villa-Lobos
Rasgando Seda

la facile metafora della finestra affacciata a sud-ovest debbo averla già usata su queste pagine; è che trattandosi assai più di una realtà che di un espediente narrativo può accadere di ripetersi, di riaprire quella finestra, di dare aria alla stanza spalancandola di luce verso l’amato Brasile. incontro alla musica di quel luogo tendo sempre, incapace di distaccarmene, paradiso lussureggiante di variegate meraviglie. capita così che dall’agio delle mie stanze lascio che giunga attraverso l’uscio luminoso una nuova delizia, l’inattesa epifania: e il Brasile raramente (mai) mi delude.

Guinga e Quinteto Villa-Lobos Rasgando Seda (Selo SESC, 2012) è l’incontro fra uno dei più grandi compositori di MPB vivente ed il cinquantenario (e storico) quintetto di fiati impegnato da sempre a diffondere la musica da camera brasiliana. il Quinteto Villa-Lobos (Paulo Sergio Santos clarinetto, Luis Carlos Justi oboe, Aloysio Fagerlande fagotto, Antonio Carlos Carrasqueira flauto, Philip Doyle flicorno) incontra la musica di Carlos Althier de Souza Lemos Escobar, assai più noto a Rio ed in ogni dove col nomignolo di Guinga.

da anni la musica di Guinga si muove felina fra la tradizione ed una personale ricerca armonica che dagli esordi come chitarrista per le più grandi voci brasiliane lo ha portato da un paio di decenni ad una carriera come autorevole compositore di musica brasiliana a tutto tondo: dal jazz al choro, e poi il samba ed il baião,  passando per il frevo, la modinha ed il baião. fra le tante collaborazioni ci terrei particolarmente a segnalare quella con il clarinettista Gabriele Mirabassi che diede vita all’indispensabile Graffiando Vento uscito nel 2004 per l’Egea.

questa volta invece è il quintetto a prendere in mano una dozzina di composizioni del compositore carioca per arrangiarle deliziosamente per quintetto da camera: nel farlo hanno approfittato della presenza dello stesso Guinga (anche con la voce in Porta Da Madama) che è sembrato lusingato ed estasiato da cotanta bellezza. siamo trasportati in un tempo incerto e sospeso fra due secoli (‘800 e ‘900) quando l’eccellenza culturale europea incontrò la naturale propensione di questo popolo a fare della musica elemento indispensabile dell’esistenza: da quell’incontro poté nascere l’humus che partorì tutte quelle musiche che incorniciano oggi il Brasile in un presente da cartolina, ma che, a ben voler comprendere, altro non sono che le necessarie prerogative affinché quel paese abbia la più grande tradizione musicale appartenente ad una singola nazione (debbo averlo già detto ma dicono che giovi farlo).

le finestre sono spalancate, la camera arieggiata, la luce entra calda: con questa musica giungono anche profumi, polveri ed effluvi di un tempo che non abbiamo vissuto e per il quale si nutre una incongrua nostalgia. probabilmente così suona la musica di dove si vorrebbe essere quando non si può essere dove si vuole: il ragionamento è un poco capzioso mentre, per fortuna, la musica assai meno. è piuttosto una musica venata di semplicità sebbene costruita con difficoltà e maestrìa: prerogativa di pochi.
a questo cangiante Brasile si tornerà, ma adesso mi godo la quiete della penombra del meriggio. buon ascolto.

Pubblicato in 2012 | 2 commenti

Roseaux
Roseaux

e Aloe Blacc? dove si è cacciato?
il suo nome non sarà sfuggito a coloro che salutarono a bocca aperta (e sorridente) l’esordio per la Stone Throw Records di Peanut Butter Wolf: il suo Good Things fu una delle delizie dell’ormai lontano 2010! mi sono messo sulle sue tracce (si sa come fare di questi tempi, e senza neppure muoversi dalla sedia) e con mia gradita sorpresa l’ho scovato sotto le mentite spoglie del progetto Roseaux!
come abbia fatto Emile Omar a coinvolgere Aloe Blacc in questo progetto non è chiaro: ma magari è bastato chiederglielo! e se così fosse i miei complimenti alla non mania di protagonismo del soulman californiano: una carriera in procinto di esplodere e lui mette serenamente la sua voce al servizio di un progetto francese senza neppure pretendere il suo nome a caratteri cubitali.
ma proviamo a mettere un poco d’ordine: Emile Omar è un dj della parigina Radio Nova, ascoltatore onnivoro, ammalato di musica, frulladischi da dancefloor con un piccolo sogno nel cassetto: realizzare un disco a partire da alcune canzoni che porta nel cuore. cova l’idea per più di cinque anni poi infine inizia a coinvolgere nel progetto gli amici musicisti Clément Petit (violoncellista) e il multistrumentista Alex Finkin: individuati i brani prova a coinvolgere Aloe Blacc per dar voce a questa dozzina scarsa di cover. lui accetta ed il progetto Roseaux spunta dal cilindro!

Roseaux nasce in seno alla francese Tot Ou Tard nell’anno 2012: John Holt e i Pearl Jam, Nazaré Peirera ed Esther Phillips, Patty LaBelle ed i Police, il panorama è vario e potrebbe stordire ed un poco depistare. ma si tratta in fondo di cover affidate ad un trattamento acustico da camera, stile grandi incisioni dei ’60: chitarra in punta di dita, contrabbasso, vibrafono, violoncello, un piano, un hammond, poche percussioni, un flauto sono il tappeto morbido su cui la voce serica di Aloe Blacc può volare colma di delizia e di grazia. niente elettronica, niente sensazionalismi, niente collaborazioni strambe: un disco come si facevano fino ad un trentennio addietro, buone canzoni, ottimi interpreti ed una voce a cui affidare la catarsi!

se proprio si volesse davvero trovare un neo ad un disco del genere si potrebbe fare riferimento a quel limbo impalpabile fra le produzioni dall’appeal commerciale e tutto quanto non è mainstream seppur vittima anch’esso di mode passeggere come folate di vento: è lì nel mezzo che si colloca questo disco, forse troppo retro’ per le radio commerciali e privo di tante frivolezze freak/weird/trendy da non piacere a chi alternativo deve esserlo per forza.

eppure io sento profumo di istant classic: un disco soul pieno di blackness e di groove da camera. innamorarsi poi della Strange Days che fu del grande John Holt è un piacere del tutto mio, così come lo è scoprire ad anno appena terminato alcune delizie che mi erano sfuggite. assai piacevole e poi anche giocare a nascondino con Aloe Blacc: buon ascolto.

Pubblicato in 2012 | 5 commenti

settimanalmente

si diceva dei buoni propositi e del principiare un qualche intendimento lasciando all’oblio del tempo qualcosa d’altro: proviamo quindi a dare seguito alle idee che vanno a dormire senza farti un saluto. la piacevole fatica di raccogliere le musiche di un anno intero hanno fatto scoccare la debole scintilla di istituire una nuova rubrica che manderà in pensione una vecchia; la fortunata che si gode il meritato riposo è quella five easy pieces iniziata quasi 5 anni addietro e oramai soppiantata dall’ingordigia di uabab. five easy pieces era nata per annotare qui a fianco i dischi in ascolto: nel tempo è aumentato l’appetito ed il numero dei blog. due i blog e assai più di cinque i dischi che assillano i miei desideri.
arrivederci allora a five easy pieces e benvenuta a settimanalmente!
è sempre qui a fianco il luogo dove annotare con cadenza (più o meno) regolare un disco di fresca pubblicazione che mi permetto di ritenere degno di nota (e di ascolto): da lì l’avverbio (nome della rubrica) che spero mi faccia tenere a mente, una volta giunti in capo a questo 2013, le delizie che si avvicenderanno durante le 52 settimane che abbiamo di fronte.
io ci metto l’ascolto e l’impegno, anche a chi legge auguro buoni ascolti, buone cose e buoni auspici per chi li vorrà, settimanalmente.

Pubblicato in 2013, settimanalmente | 9 commenti

2012

l’esercizio e l’abitudine settimanale alla concisione debbono avermi fatto bene: concentrare e distillare 5 o 6 brani per ogni singola trasmissione della radio uabab mi hanno facilitato il compito di raccogliere le idee su questo 2012 che giunge al termine, anticipando anche qualcuno di questi dischi nelle due puntate radiofoniche di fine anno (#10 e #11). che anno è stato? musicalmente parlando direi assai piacevole. una vendemmia copiosa, profumata e gradevole. sarà il tempo a dire se queste musiche invecchieranno affinandosi e aumentando di spessore e complessità, da qui, da questa fine 2012 posso di certo dire che è stato un piacere sorseggiare (a volte tracannare) per tutto l’anno questi suoni così idonei a condurre all’ebrezza.
le solite doverose premesse: ho due orecchie che funzionano contemporaneamente, totale un solo apparato uditivo. con quello ho provato a fare del mio meglio ossia udire quanto più mi fosse possibile. posso quindi solo parlare di ciò che ho ascoltato anche perché la redazione, l’editore, il recensore ed il compilatore sono in realtà una ed una sola persona: ovvero parlerò solo di ciò che ho potuto ascoltare.
sono saltati fuori 34 dischi (numero strano) ma sarei potuto giungere a 50 (o 52 quante le settimane annue: magari il buon proposito per l’anno nuovo è indire il disco della settimana cosicché a fine anno il gioco compilatorio è pressoché già compiuto). sono elencati in ordine sparso, così come mi sono venuti in mente, senza un numero uno o un numero trentaquattro: li si può considerare tranquillamente con fare aleatorio.
chi capita da queste parti avrà già sentito parlare di questi dischi in quanto sono stati la piacevole ossessione di quest’anno, mi si perdoni dunque la ripetizione e mi si conceda un ringraziamento alla gradita attenzione ricevuta: confesso che fa piacere avere orecchie competenti con cui condividere questa mia sindrome!
direi che è tutto, ecco di seguito i dischi, ecco la mia speranza di entrare in un anno altrettanto gaudente quanto quello oramai terminato (sempre musicalmente parlando), ecco un saluto sincero.
a presto

Sun Araw & M. Geddes Gengras Meet The Congos
Icon Give Thank (RVNG Intl. /Frkwys, 2012)
more details dl

Leonard Cohen
Old Ideas (Columbia, 2012)
more details dl

Arthur H _ Nicolas Repac
L’Or Noir (Naïve, 2012)
more details dl

DJ Oil
Black Notes (Discograph, 2012)
more details dl

Yusef Lateef
Roots Run Deep (RogueArt, 2012)
more details dl

Bob Dylan
Tempest (Columbia, 2012)
more details dl

Henry Threadgill Zooid
Tomorrow Sunny / The Revelry, Spp (PI Recordings, 2012)
more details dl

Josephine Foster
Blood Rushing (Fire Records, 2012)
more details dl

Chicago Underground Duo
Age Of Energy (Northern Spy, 2012)
more details dl

Zoufris Maracas
Prison Dorée (Chapter Two, 2012)
more details dl

Neneh Cherry & The Thing
The Cherry Thing (Smalltown Supersound, 2012)
more details dl

Kelan Phil Cohran & The Hypnotic Brass Ensemble
Kelan Phil Cohran & The Hypnotic Brass Ensemble (Honest Jon’s, 2012)
more details dl

Duane Pitre
Feel Free (Important Records, 2012)
more details dl

John Zorn
The Gnostic Preludes (Tzadik, 2012)
more details dl

Orchestre El Gusto
El Gusto (Warner, 2012)
more details dl

Heiner Goebbels
Stifters Dinge (ECM, 2012)
more details dl

Malawi Mouse Boys
He Is #1 (Independent Records, 2012)
more details dl

Jac Berrocal / David Fenech / Ghédalia Tazartès
Superdisque (Sub Rosa, 2011)
more details dl

Wadada Leo Smith
Ten Freedom Summers (Cuneiform Records, 2012, 4cd)
more details cd1 cd2 cd3 cd4

Lambchop
Mr.M (City Slang, 2012)
more details dl

Lo’Jo
Cinéma El Mundo (World Village, 2012)
more details dl

Mike Cooper
Distant Songs Of Madmen (Room40, 2012)
more details dl

Criolo
Nó Na Orelha (Independente, 2011)
more details dl

Getatchew Mekuria & The Ex & Friends
Y’Anbessaw Tezeta (Terp, 2012)
more details dl

Scott Walker
Bish Bosch (4AD, 2012)
more details dl

Mariem Hassan
El Aaiun Egdat (Nubenegra, 2012)
more details dl

Tom Zé
Tropicália Lixo Lógico (Independent Release, 2012)
more details dl

THEESatisfaction
awE naturalE (Sub Pop, 2012)
more details dl

Georgia Anne Muldrow
Seeds (SomeOthaShip Connect, 2012)
more details dl

Ingebrigt Håker Flaten NY Quartet
Now Is (Clean Feed, 2012)
more details dl

Ryan Francesoni & Mirabai Peart
Road To Palios (Bella Union, 2012)
more details dl

Caetano Veloso
Abraçaço (Universal, 2012)
more details dl

Andre Vida
Brud: Volumes I-III (PAN, 2011)
more details dl

The Tiger Lillies
Rime Of An Ancient Mariner (Misery Guts Music, 2012)
more details dl

Pubblicato in 2012, Playlist | Lascia un commento

Paniyolo
Christmas Album

se non ora, quando?
l’atmosfera kitsch e fasulla di questi giorni ha pur sempre una tradizione musicale di riferimento alla quale, volenti o nolenti, difficilmente si sfugge. tralasciando l’ambito religioso e sacrale (sempre di musica parlo) che sconfina nel secolare, direi che la pop music è piena zeppa di temi natalizi che infestano periodicamente (una volta all’anno) i padiglioni auricolari di noi poveri peccatori (e consumatori).
e dunque, fermo restando che il natale è il 24, debbo però cedere a questa melensa sensazione di ottusa beatitudine a causa di un piccolo disco gracile e delicato che giunge dal Sol Levante e, più precisamente da quella Fukushima ferita e malsana. è lì che nacque nel 1982 Paniyolo del quale parlai allorché mi avvertì che la primavera scorsa era giunta: questa volta il chitarrista giapponese ha preso in mano la sua classica con le corde di nylon per annunziare che il Natale è inevitabilmente imminente, e per farlo si è messo a ripercorrere a modo suo 10 fra i più che classici temi di queste festività.

Paniyolo Christmas Album esce per la nipponica Schole: chitarra classica basilare, qua e la un’acustica per un tenue accompagnamento armonico, un pianoforte saltuario pieno d’ovatta e un vibrafono suonato con due cotton fioc. nessuna rivoluzione, nessun stravolgimento e neppure nulla d’inaudito. uno spirito in bilico fra il didatticamente scolastico, un tocco da bossanovista e qualche tentazione jazz manouche, ma nulla che prenda davvero il sopravvento sopra le più consuete melodie facilmente riconoscibili e di gradevole digeribilità.

propongo di lasciarlo scorrere in loop sotto la carta da regalo che si straccia, come sottofondo fra i brindisi e le posate che sbatacchiano sui piatti o come ninna nanna post prandiale per adulti aggrediti dalla sonnolenza da imbottimento. è perfetta, ne converrete. del resto a queste musiche non viene richiesto un afflato artistico ma semplicemente un ruolo funzionale: inebetire, edulcorare e indurre beatitudine.

ascoltarlo a luglio mi sembrerebbe inopportuno e quindi ribadisco il mio se non ora, quando? una miniatura fragile ed apparentemente inutile, come solo sanno fare i giapponesi: facciamo che sia un mio piccolo regalo (fragile ed apparentemente inutile) da mettere sotto l’albero.
buone cose, a presto

Pubblicato in 2012 | 6 commenti

la radio uabab #11

Radio Sonora
la radio uabab # 11
venerdì 21 dicembre 2012 ore 21,00
(replica sabato 22 dicembre ore 21,00)
p o d c a s t


Happy Song
Sun Araw & M. Geddes Gengras Meets The Congos
Icon Give Thank (RVNG Intl., 2012)
more details
( ( ( ) ) )


Cashback
Neneh Cherry & The Thing
The Cherry Thing (Smalltown Supersound, 2012)
more details
( ( ( ) ) )


A Day Off
Henry Threadgill Zooid
Tomorrow Sunny / The Revelry, Spp (PI Recordings, 2012)
more details
( ( ( ↓ ) ) )


Black Notes (feat, Gift Of Gab)
DJ Oil
Black Notes (Discograph, 2012)
more details
( ( ( ↓ ) ) )


Castle In Your Heart
Chicago Underground Duo
Age Of Energy (Northern Spy, 2012)
more details
( ( ( ↓ ) ) )


(il suono carsico)
Andrea Belfi
Wege (Room40, 2012)
more details
( ( ( ↓ ) ) )

Pubblicato in la radio uabab, la radio uabab 2012/2013 | 1 commento

Ryan Francesconi & Mirabai Peart
Road To Palios

come dicevo nel post precedente, l’altro ieri avrei voluto scrivere d’altro: ma lo posso pur sempre fare oggi. c’è un disco che attendevo pazientemente e che già aveva ottenuto il benestare di un ascoltatore attento di cui seguo da tempo le traiettorie. in più la discreta longevità di questo blog inizia a suscitare languide nostalgie, ricordi e voglia di tornare a parlare di coloro che già una volta suscitarono gioia e bellezza dinanzi al cuore ed alle orecchie di chi scrive.

Ryan Francesoni è tornato con la lieta compagnia di Mirabai Peart, violinista già con lui nella Ys Street Band ad accompagnare Joanna Newsom ed ora compagna di vita e di questo viaggio musicale nell’isola greca di Lesvos (Lesbos). è proprio da un soggiorno nell’isola dell’Egeo che prendono lo spunto queste 7 composizioni strumentali per chitarra e violino. Road To Palios (Bella Union, 2012) è il titolo del lavoro nonché l’indicazione geografica di un itinerario verso un villaggio dell’isola celebre per il suo mare, il suo ouzo e come patria della poetessa Sappho.

non è di musica tradizionale greca che si tratta o perlomeno non nel senso ortodosso (aggettivo) del termine; siamo forse qui in ascolto di un folk interiore che il gusto e la sensibilità di Ryan Francesconi ha generato dall’amore per gli effluvi melodici ed armonici che i balcani, la Turchia e la Bulgaria continuano a sussurrare ai suoi preziosi polpastrelli. è lui stesso a confessare una attitudine misteriosa che lo porta involontariamente a comporre e mescolare la sua tradizione folklorica americana (con studi di musica classico/barocca) con le musiche che scendono dal Mar Nero per bagnarsi nel Mediterraneo risalendo foci ed estuari balcanici.
fin qui (e non è poco) potrebbe sembrare una delle tante infatuazioni che molti musicisti anglofoni si prendono per quelle terre e quelle musiche, ma se parliamo di Ryan Francesconi dobbiamo aggiungere una capacità compositiva al di fuori dell’ordinario unita ad una tecnica chitarristica che ha in scintillante sonorità e perizia “chirurgica” due dardi più unici che rari. un fingerpicking ardito, tablature complesse e accordature aperte rappresentano un talento che assomiglia più all’unico che al raro: intrufolarsi negli ardimenti armonici di Francesconi è ascolto qualche volta persino ostico! sotto l’apparente pastoralità folklorica si celano davvero complesse tele armoniche: è qui che giungono in aiuto (nostro e suo) le linee melodiche del violino di Mirabai Peart a rendere le composizioni a tratti finanche cantabili.

udire spifferi mediorientali o echi di rembetiko non dovrà apparire strano: potrà sembrare di abitare per breve tempo un anfratto del tempo e dello spazio cartografico, ma il disco si colloca di diritto laddove nessun luogo e nessuna terra potrà mai arrogarsi il diritto di paternità di queste musiche. sono patrimonio interiore di Ryan Francesconi e delle sue impervie vie dei canti: mi limiterei a chiedergli di non smettere di errare per i luoghi del mondo e per gli spazi della sua creatività e poi, a lui e anche a noi, augurerei buon viaggio.
…e buon ascolto.

Pubblicato in 2012 | 10 commenti

Caetano Veloso
Abraçaço

mi ero annotato la data di inizio dicembre per poi puntualmente dimenticarmene, segni senili evidenti del tempo che avanza, il mio. per fortuna fra i frequentatori di questo blog c’è anche qualcuno che mi tira la giacca e mi rammenta uno degli appuntamenti più importanti dell’anno (grazie Sergio).
quarantanovesimo (49) disco in carriera per Caetano Veloso e terzo a chiudere una ipotetica trilogia iniziata con nel 2006 e Zii e Zie nel 2009 assieme alla Banda Cê composta oramai stabilmente da Pedro Sa (chitarra elettrica e basso), Ricardo Dias Gomes (basso e Fender Rhodes) e Marcelo Callado (batteria) con la supervisione oramai necessaria di Moreno Veloso figlio prezioso di cotanto padre.

Abraçaço (Universal, 2012) è il titolo di questo disco. neologismo familiare con la quale Caetano chiude le proprie mail: una specie di rafforzativo caldo della parola abbraccio! ne scrivo mentre il disco continua a scorrere nelle mie orecchie come una assoluta novità. 11 canzoni, 9 autografe, una scritta e cantata assieme a Mauro Lima e una ultima carpita dal canzoniere di Rogério Duarte ed arrangiata da Moreno Veloso (Gayana: meravigliosa!). due doverose e necessarie premesse: chi scrive è fan e non potrà certo fornire un parere imparziale in proposito a qualsiasi canzone uscita dalla penna di Veloso e l’altra è che il disco sto iniziando ad ascoltarlo (e metabolizzarlo) solo ora.

la stessa meravigliosa voce cristallina che il tempo non pare scalfire, un talento melodico innato ed una elettricità che si scansa leggermente rispetto ai dischi precedenti. Caetano ha celebrato quest’anno i suoi 70 e assieme ad essi un equilibrio artistico inimitabile, lo stesso che tenta di racchiudere nei suoi dischi da qualche anno in bilico fra innovazione e tradizione. c’è spazio così per i ritmi della grande tradizione brasileira virati in elettricità e tensione. salta immediatamente all’orecchio per minutaggio e tensione emotiva (anche il titolo muove ancora qualche emozione, non c’è che dire) Um Comunista dedicata all’attivista bahiano Carlos Marighella ucciso dal regime durante la dittatura.

non andrei oltre sbilanciandomi sull’onda dell’entusiasmo, c’è talmente tanto da riascoltare e scoprire lentamente che non merita una qualsivoglia frettolosa recensione. diciamo che la lieta novella di un nuovo disco di Caetano è già quanto di meglio ci si possa attendere di questi tempi e valeva la pena di darne notizia appena giunta fresca di giornata.
pensare che oggi volevo scrivere d’altro…
buon ascolto

Pubblicato in 2012 | 4 commenti

la radio uabab #10

Radio Sonora
la radio uabab # 10
venerdì 14 dicembre 2012 ore 21,00
(replica sabato 15 dicembre ore 21,00)
p o d c a s t


Anyhow
Leonard Cohen
Old Ideas (Columbia, 2012)
more details
( ( ( ) ) )


If Not I’ll Just Die
Lambchop
Mr. M (City Slang, 2012)
more details
( ( ( ) ) )


Blood Rushing
Josephine Foster
Blood Rushing (Fire Records, 2012)
more details
( ( ( ↓ ) ) )


Movies Is Magic (Van Dyke Parks)
Mike Cooper
Distant Songs Of Madmen (Room40, 2012)
more details
( ( ( ↓ ) ) )


Port de Bagnolet
Jac Berrocal / David Fenech / Ghédalia Tazartès
Superdisque (Sub Rosa, 2011)
more details
( ( ( ↓ ) ) )


(il suono carsico)
Nicola Ratti
Streengs (Senufo Editions, 2012)
more details
( ( ( ↓ ) ) )

Pubblicato in la radio uabab, la radio uabab 2012/2013 | 2 commenti

Faruq Z. Bey with Northwoods Improvisers
Primal Waters

molto tempo addietro, sulle pagine di questo blog, annotavo con tristezza la dipartita di quegli artisti che avevano reso migliore il mio tempo. qualche riga, un breve saluto e tanta amarezza. fui tacciato (amichevolmente) di amaro gusto da alcuni conoscenti che non mi fecero mancare le stilettate e le scaramantiche palpazioni inguinali.
così ho smesso (non che fosse un vizio, certo): da allora la scomparsa di qualcuno di vicino (artisticamente parlando) non ha più trovato le mie parole ma solo privata tristezza e muto rammarico. perché non è certo l’assenza di qualcuno di cui conoscevo solo l’espressione artistica a dolere, ma è vedere che un pezzo di quel tempo che ho passato assieme a quella musica, a quel film o a quel libro va a sgretolarsi inesorabilmente. il tempo, il mio tempo, è fatto anche (e soprattutto) di quegli istanti di idillio e catarsi procuratimi dalla musica e da coloro che quella musica hanno pensato, suonato e sognato.
il 2012 è stato anno di grandi perdite (mentre scrivo apprendo della scomparsa di Ravi Shankar). nessuno si preoccupi: non mi metterò a fare lacrimose liste o obituary, piuttosto ricordare uno di questi futuri introducendo un grande disco che il nostro ha registrato pochi mesi prima del trapasso.

Faruq Z. Bey era un sassofonista afroamericano il cui nome non era (forse) noto ai più; un grande musicista spirituale che ha attraversato le grandi stagioni del jazz senza che il suo nome balzasse prepotentemente alla ribalta. dopo diverse vicissitudini sfortunate (salute, accidenti) era riuscito negli ultimi anni a riunire intorno alla propria musica un manipolo di fidati musicisti: i Northwoods Improvisers di Skeeter C. R. Shelton e Mike Carey. una ottima manciata di dischi assieme fino all’agosto del 2011 quando entrano in studio per registrare Primal WatersFaruq Z. Bey è al tenore e all’alto sax; Mike Carey flauto, clarinetto basso e kalimba; Skeeter Shelton al tenore, all’alto e al soprano; Mike Gilmore vibrafoni e kalimba; Mike Johnston basso e campane, Nick Ashton alla batteria.

il disco esce solo in vinile per la visionaria Sagittarius A-Star nel gennaio 2012: 200 copie in tutto. 4 tracce, due per lato. il primo giugno scompare a 70 anni il leader Faruq Z. Bey gravemente malato e costretto a suonare già da molto tempo con le cannule per l’ossigeno.
il testamento sonoro di Faruq Z. Bey è un disco sornione, pachidermico e pieno di torpore; forse le condizioni di salute del leader, forse quel ritmo seduto che invoglia la quiete ed il sogno, forse entrambe le cose ma di certo l’andamento è da giungla, l’impasto notturno ed odoroso, il suono spirituale. i sei musicisti si muovono lentamente fra miscele africane dettate da kalimba e vibrafono, il basso in piena ipnosi ritmica e sonnolenta ed i sassofoni a fraseggiare nervosi all’unisono o in meditabonda solitudine. il clarinetto basso di Mike Carey al solito lavoro onirico e nasale.
il disco che vi propongo è la versione in cd contenente due brani in più dell’edizione vinilica (Cat and Mouse, Mamaka II). prendetelo come un ricordo di Faruq Z. Bey o forse solo per ciò che è: un pezzo di tempo che passa denso e sensuale, fradicio di bellezza e di grande musica.
buon ascolto.

Pubblicato in 2012 | 5 commenti