cos’è un classico? o meglio, cosa resta di un classico?
domande capziose e forse inutili da anteporre o postporre ad un amore. perché l’atteggiamento meditabondo giunge dopo, assai dopo che si sono impulsivamente acquistati per l’ennesima volta esosi biglietti per un altro concerto di Paolo Conte. lo si fa per amore, e di fronte a così sontuosa motivazione ci si perdona sempre.
del disco si è già detto e di molto altro ancora. si continua a ragionare con gli amici e si sprofonda nella notte a disquisire di note e parole, di quanto ci sia ancora da dire o da aggiungere, di cosa si vorrebbe e da cosa si volesse venir sorpresi. ma Conte permane intoccabile e sornione, insensibile alle elucubrazioni altrui e indissolubilmente destinato al classico. a questo tende, a quello brama e lì al fin giungerà.
Paolo Conte dal vivo, ripensandoci, assomiglia a tutti i Paolo Conte dal vivo che ho avuto la fortuna di vedere. e sono tanti. cambiano i musicisti, i pianoforti e le signore ingioiellate, ma pochi se ne accorgono e nulla apparentemente muta. gli arrangiamenti si divertono a farti venire dei déjà vu che per un po’ ci credi, ma poi ti accorgi di essere ancora lì e che oramai sono quasi vent’anni che ascolti le sue canzoni. e non sei stanco.
Paolo Conte invece un poco stanco lo è, e un poco più anziano, ma si diverte ancora e non potrebbe fare altro. ha bisogno di quegli applausi, di una mano a nettare i baffi, di scarpe lucide e cappotti di astrakan. si permette di dimenticare e farfugliare le parole delle sue stesse canzoni, come fosse assorto e in altri pensieri abbarbicato. oggi si alza sovente dal pianoforte e si drizza dinanzi ad un microfono e canta, con gesti emozionati e imbarazzati, come fosse nudo.
il Teatro Valli di Reggio Emilia (bellissimo nella sua vetusta eleganza) è, per esempio, una di quelle praterie dove lo scimmione si sente a suo agio, fra fronde e stucchi, palchi e velluti. lì, come altrove, può riproporre la prosopopèa dei suoi personaggi e il circo dei suoi attori. ripetere una scaletta identica alla sera prima e immutabile a quella successiva. alla ricerca di una sua idea di perfezione e di una sua lussuriosa classicità. …suono un bel sassofono d’argento e non mi sbaglio mai!
eppure l’emozione è nelle pieghe degli smoking, fra le asole assonnate e nell’arrangiamento inatteso di alcuni brani. Bartali lunare e desolata, in tonalità minore, come se stesse scalando solitario il Mont Ventoux in una notte del ’51. Lo Zio talmente intensa e rapita da farmi scappare un grido quando è lo stesso Conte a scoprirsi sorpreso della sua interpretazione. le canzoni le conosciamo come le nostre fodere, ma poi non ci stanchiamo di rovistarci dentro.
si contano 5 canzoni dall’ultimo album, un po’ svogliate, un po’ poco rodate. e non sono Psiche e neppure Ludmilla, e non è Leggenda e Popolo e neppure Big Bill. quasi non servissero già più a promuovere un disco, quasi fosse già acqua passata. ci si affida ai classici, a quel noioso bis stantio in cui Via con me viene riproposta come la Radetzkymarsch a Capodanno, un poco più veloce a far tintinnare negli applausi pendagli e bracciali.
eppure il bis si era aperto con Cuanta Pasiòn e con una piacevole variante letterale del testo. non più le vigne stanno immobili…e il luogo sembra arido e a gerbido lasciato ma (e ringrazio alice per la ricerca)…
le tigri stanno placide
sultane smemorate
sognando arie ed opera
per terra stravaccate
ma quando fan discutere
quegli occhi col mistero
giuseppe verdi vogliono
conoscerlo davvero…
alla fine me ne esco con il sorriso dal teatro e vado a stringere una mano all’uscita dei camerini. mi sembra di conoscerlo da sempre eppure di non saperne nulla. come un classico da rileggere e capirne ancora un poco oltre. mi dico basta, che non tornerò ancora a vederlo, ma in cuor mio so che sto mentendo!
fingo che sia un innamoramento da manuale, quello che ha ormai da tempo carpito la mia attenzione, il mio interesse, la curiosità, la costanza per paolo conte. e subito, all’inizio di tutto, è stata la luccicanza delle paillettes che si porta nello spirito quell’uomo… all’inizio fu l’eleganza, l’impeccabile portanza, la sostenuta pacatezza di una voce che si rompe senza commettere errori.
ed è sempre splendido incontrare il proprio innamorato in serate di gala. sempre magnifico saperlo, vederlo e ammirarlo in abito da sera. sempre immancabile la soddisfazione per la perfezione dell’amato.
tanto che dopo un amore così ineccepibile e duraturo, si comincia a desiderare di scoprire il prediletto sotto nuove sembianze, in differenti circostanze, inaspettate spoglie: la scaletta di un concerto con Rebus, Ça Depend, Architetture lontane, La donna d’inverno, Una di queste notti, Recitando? Paolo Conte in pigiama e pantofole? sette pezzi in solitaria solo con un kazoo? qualcosa che mi sbalordisca tanto da confermarmi quanto di lui io sappia, che mi distanzi un poco dalle signore impellicciate di volpe sedute in prima fila che applaudono sola a Via con me? che mi faccia sussultare e bisbigliare “Non ci credo, non lo avrei mai immaginato…”?
invece poi ogni concerto assomiglia agli altri. il luogo cambia, la sedia su cui si è seduti ha consistenze differenti. ma pare che non ci sia più nulla da scoprire. pare che Paolo Conte non abbia più neppure bisogno di farsi scoprire.
eppure – eccola la grandezza di chi può far nascere gli eppure – a Reggio Emilia ha sbagliato le parole, si è inceppato.
eppure si è inerpicato in una versione di Lo zio che ha costretto tutti ad applaudire sconcertati, strabiliati.
eppure ha cambiato una strofa di Cuanta Passion e mi ha spinto a chiedermi come cosa e perché e quali parole.
eppure è capitato anche che gli stringessi la mano.
le impercettibili varianti della sua vecchia giacca nuova che continuo ad amare come da manuale.
Come le altre volte…imponderabile…musicale…lo sentivo e lo vedevo scoprire la grazia nascosta nelle cose comuni e fare di tutto un soggiorno incantato…Ultimamente riascolto spesso delle cose del Paul Conte quartet,oppure un disco uscito di recente paolo Conte plays jazz mi sembra…con degli standard che amo suonare anch’io…faccio probabilmente questo perchè intimamente è come se stessi cercando qualcosa di nuovo in Paolo Conte rovistando nei suoi cassetti,leggendo i suoi sms dall’archivio del suo telefonino mentre lui fa il bagno,di nascosto,con un fare da amante gelosa…e morbosa.Non capisco bene perchè lo faccio…però lo faccio…del resto è il piano che è ubbriaco…and not me.Fondamentalmente si ascolta un altro Conte…con una vena decadente di jazz d’altri tempi,si…dai primi anni ’40 ai primi anni ’60,poi…improvvisamente arriva Jelly Roll Morton in persona che mi fa:”Macaco…non hai capito niente…riascolta di nuovo e vedrai”…Allora io gli dico:”Okay man…riascolto.” In buona sostanza,credo che avvenga la stessa cosa di quando vado ad un suo concerto…lo leggo e lo rileggo…ma non è mai lo stesso…il bello è che non cambia il sapore…è il retrogusto,mi succede lo stesso col vino nobile di Montepulciano Vigna Asinone…Stavolta dopo il concerto ero proprio curioso di vedere chi sarebbe venuto,mi sono spinto addirittura in dei pronostici:Charlie Parker,Errol Garner,Amedeo Modigliani,Pablo Picasso,Sidney Bechet,oppure magari Fred Buscaglione in coppia con Renato Carosone,Duke Ellington che fischietta in a sentimental mood,o magari Tom Waits in persona con le scarpe a punta,e camminavo lì lungo Via Sistina cercando di farmi largo tra i colli d’astrakan,le scarpe lucide e le poche cravatte sbagliate…tranne la mia …ovviamente;quando arrivo al Tritone…Piazza Barberini per l’appunto,semaforo rosso,ho l’automobile a duecento metri,mi fermo,devo attraversare la strada…sento due dita che mi picchiettano sulle spalle della mia giacca gessata,mi volto quasi infastidito….Toh…Eugenio Montale in persona che mi guarda con quei suoi occhietti e mi fa:”Macaco…..
Un classico è un classico e non c’è nulla da aggiungere. Così probabilmente risponderei ad un giudice in un processo kafkiano. Quello di Conte è stato ancora una volta un concerto “classico”. Lo ascolto da alcuni anni ormai e ho avuto l’onore di vederlo tre volte live in tre posti totalmente differenti. Ma lo stile rimane intatto, granitico, a prova di tempo. Il bello del classico è che lo si può proporre sempre. Così ha fatto lui. Riproponendo brani immortali, mischiati con altri partoriti di recente e con qualche vecchio cavallo riarrangiato per l’occasione in maniera semplicemente sorprendente (vedi “Lo Zio”). Si potrebbe pernsare che a lungo andare questo gioco possa pure tediare, rompendo quella sorta di incantesimo nel quale ci si ritrova ascoltando le sue canzoni, ma per me non è così. Lo ritengo un personaggio musicale profondo e con uno stile magnetico. Durante i suoi concerti, come l’altra sera, cado in sorta di ipnosi. Per cui è come si mi dicesse: “Va bene le ho già fatte, le hai già sentite però stasera ho deciso di suonare queste…”. E io accetto. E incredibilmente quei pezzi non mi stancano anzi continuano a stupirmi. Cerco di scavare tra le strofe e vi trovo nuove emozioni. Non lo nego la mia scaletta sarebbe molto diversa. Avrei tenuto Lo Zio in quella versione. Gli avrei fatto suonare quelle dell’ultimo album che mi sono piaciute molto. Però avrei continuato con Colleghi Trascurati, che una delle mie preferite mi stringe il cuore anche se non so il perchè, poi Roba di Amilcare, e poi Wanda stai serie con la faccia, Dopo le sei, Ratafià, Lupi Spelacchiati, La vecchia giacca nuova, Tua cugiuna prima, La brillantina Bengalese, Paso Doble, Un fachiro al cinema, Epoca, Fuga all’inglese, Pretend e avrei bissato con Danson Metropoli. Questo sarebbe solo un mio personalissimo concerto. Ma ogniuno ha suo intimo concerto di Conte. E lo tiene per se. Si spera che quello che Conte proporrà ci si avvicini almeno un pò. Ma il musicista ha già in testa una sua scaletta “classica”. I motivi non li so. Io chiuderei i suoi concerti con Hemingway “…Forse un giorno meglio mi spiegherò… “, ma è solo una mia idea. Poi nell’esibizione ogni velleità svanisce. Finito il concerto la soddisfazione mi aveva pervaso. Dopo c’è stato pure il piacere di stringerli la mano. I complimenti. I grazie. Mi sono chiesto come sarebbe stato se ci avesse invitato a mangiare qualcosa.
“Sotto deliziosi cappellini in bilico, hu hu…
ti guardano
e chiunque tu sai stato
ti danno del tu…
e leccano, lecanno… adesso o mai più…
zibibbo al lampo che fu… “
a quanto pare ciascuno ha il suo Paolo Conte, e questo non fa altro che avvalorare la tesi che di classico si tratti.
bello poter leggere altre opinioni, di alice, di costantino e soprattutto (mi concedano gli altri un doveroso benvenuto) a Sem.
potremmo restare a lungo a parlare di tutto questo. eccome se potremmo. ma sono i classici che fanno quest’effetto, e noi a scervellarci per capire qualcosa di più.
di recente l’avvocato ha concesso un’intervista al solito Mollica (sic!) dove spiega e racconta a suo modo il suo mondo. malgrado le domande “scontate” e la “frivolezza” dei conduttori qualcosa si riesce pur sempre a carpire. ed è manna in questa valle di “pochezza”.
dovrebbe comparire al più presto su questo sito.
vale la pena di attendere.
a presto…
Salve a tutti…
Ho assistio al concerto che ha tenuto al Sistina il 23 novembre e ho già postato la scaletta … Ho già scritto che lo spettacolo è stato bello e ciò rimane.
Però vorrei aggiungere qualche nota.
La prima è che se raffrontiamo la scaletta con quella del tour che ha fatto seguito a “Elegia” (per capirci “Paolo Conte all’Arena di Verona”) notiamo che, a meno di qualche brano (due o tre al massimo) e i pochi brani tratti da “Psiche”, il concerto è praticamente lo stesso.
Poi, ancora: da “Una faccia in prestito” in poi Conte non ha mai attinto agli album precedenti a quello corrtente: non vi sono in scaletta pezzi di “Elegia” e “Una faccia in prestito” in questo tour; non menziono “Razzmatazz” perché è un nobile quanto sfortunato (commercialmente) capitolo a parte nella produzione contiana, non esportabile in concerto (salvo, forse “Paris, les Paris”).
Infine vi sono brani che il Maestro non credo abbia mai portato in concerto (“inno in re bemolle”, “Troppo difficile”, tanto per citarne alcuni).
Io credo che Il Maestro abbia “dimensionato” -brutto termine ingegneristico-lo spettacolo per una tournee internazionale e non abbia voglia di sfiorare la sperimentazione nel repertorio (negli arrangiamenti sì, vedasi “Bartali” in una versione irriconoscibile).
Leggo tra le righe dell’appassionata recensione del padrone di casa, che gentilmente ospita i nostri commenti, un briciolo di amarezza che forse ha a che vedere -o forse no, forse mi sbaglio- con qualche aspetto che ho toccato.
E’ così?
Cosa ne pensate?
Un saluto
Oh sì. La musica è anche mercato. Chi accompagna fuori da un teatro Paolo Conte è soprattutto un produttore. “Via con me” è lo spartito per i musicisti, canzoncina da urlare a squarciagola mentre si va al mare col CREE e i compagni in pullman, ma poi anche sorgente di monete, banconote e tranquillità economiche.
Certissima che Conte abbia impostato un tour internazionale quasi a tavolino.
Gli piace conoscersi e farsi conoscere, ma soprattutto riconoscere, ogni qualvolta ci siano applausi e mani da battere.
Per questo è bello ritrovare nella sconsiderata ammirazione per il trascorso e per quello che verrà, i piccoli pezzi di sè, del proprio Paolo Conte.
La meraviglia che si incontra a sorprendersi ancora per una nuova versione di “solo il nipote capisce lo zio non c´è bisogno di dirtelo, sciuscià, ti meriti un dollaro” o ritrovarsi a poter fare due passi di tango su Cuanta Passion in piedi su un palchetto.
E se ripenso a tutti i concerti visti, in differenti luoghi e diverse epoche, potrei ricordarmi di un particolare nuovo che ho notato proprio perché le varianti luccicano sempre sopra uno sfondo granitico di abitudini intoccabili. In fondo è questo il jazz, no? Una base che non si dovrebbe cambiare e tutte le sue sfumature aggiunte, e sbagliate.
duemila enigmi nel jazz
ah, non si capisce il motivo
nel tempo fatto di attimi
e settimane enigmistiche
….Quanto me piace Alice…
…Quello che dice…
…Come lo dice….
…Quanto me piace…
…Alice che non tace…
…Alice che me dà pace…
…Alice che bolle come la pece…
Alice Alice Alice…quant’è sagace…quant’è mordace…quanto me piace…
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