metti che un giorno si possano incontrare uno dei più visionari (e talentuosi) artisti elettronici di questo debutto di millennio ed un professore di filosofia e musica che ha già prodotto tangibili prove della sua illuminata e sanissima follia. metti poi che quest’ultimo citato illustre professore si chiami David Rothenberg e che abbia saggiamente deciso di non abbandonare il suo clarinetto, e che l’altro talentuoso girabottoni sia noto con il nome di Scanner (al secolo Robin Rimbaud). bene, ammesso tutto questo e, sempre ammesso che tutto questo sia tutto vero, c’è di che scattare sull’attenti e, in particolar modo lasciare che lo facciano le orecchie affamate (o assetate) di mirabilie e leccornie.
ebbene posso qui ed ora sinceramente affermare che questo incontro è avvenuto davvero malgrado lo spigolo di rete che frequento io non ne abbia vampeggiato clamore (come mai?); e lo posso ribadire con più solerte certezza ora che il disco ricomincia per l’ennesima volta in sottofondo (qui ed ora) a srotolare il suo catalogo di meraviglie.
Scanner + David Rothenberg You Can’t Get There From Here (Monotype, 2011) è uno di quei dischi che riconciliano l’ascoltatore insaziabile con la sua bramosia di bellezza e catarsi. a volerlo davvero raccontare un disco come questo si dovrebbe forse partire da quella prima impressione ricevuta all’ascolto ebete e stupefatto. un dentro ed un fuori; inizialmente senza comprendere bene da cosa. dentro e fuori, interno ed esterno. lentamente si è dipanata l’idea che il fuori fosse notturno, bagnato, urbano, con le luci che si riflettevano sul selciato e che il dentro (rispetto a quel fuori) potesse essere l’interiorità di una camera imbottita, sorda, quasi anecoica. dentro la camera David Rothenberg, lì fuori Scanner: ed il disco in bilico ad oscillare fra queste due postazioni.
dentro il buio della stanza alcune meditazioni per clarinetto solo (Black Betwixt Darkness, You Can’t Get There From Here, Compouding Daydream, Fabian Fox) vivono il rigurgito di una coscienza elettronica che giunge dal subconscio a screziare il silenzio retrostante, riaffiorano memorie e brandelli di echi esterni. lì fuori la notte traslucida percossa da un dub indolente senza la profondità dei bassi (Ready Ready, As Air Moves In, Where Do You Run To) ma con echi di blues e gospel strozzati nella notte. elettronica e clarinetto/clarinetto ed elettronica: il sottoscritto si ammansisce e si acciambella come un serpente addomesticato.
a volerlo davvero raccontare un disco come questo bisognerebbe tacere le tante suggestioni che affiorano ad ogni angolo di strada: evocazioni, riminescenze, ascendenze. non credo sia a queste che sia il caso di porre attenzione, piuttosto soppesare come questi suoni occupino il presente con il leggiadro peso di un futuribile involontario, di una modernità non voluta eppur vivida e, lo confesso, splendida.
e nel qual caso fossero già aperte le urne per i dischi dell’anno mi vesto ed esco dalla mia stanzetta anecoica per scivolare nottetempo verso il seggio elettorale per esprimere la mia sbalordita preferenza.
Scanner + David Rothenberg You Can’t Get There From Here
Splendidi acquerelli urbani. luci riflesse di neon che si specchiano in pozze d’acqua di quartieri ormai sopiti. pochi tocchi, grande equillibrio, grande rafinatezza, gran classe. scanner me lo ricordavo decisamente più rumoroso e claustrofobico. questo me lo sto’ portando spesso sotto le coperte. bellissimo disco.
grazie borg e un abbraccio
assai lieto del tuo apprezzamento, ma ancor più del tuo ritorno su queste sponde.
un abbraccio anche a te.
a presto
non riesco proprio a scaricarlo ed è un peccato perchè il video è promettente