l’anno volge al termine e sarebbe consuetudine stilare una playlist dei dischi che hanno lasciato un loro segno. mi lusinga il fatto che qualcuno privatamente me l’abbia richiesta ma debbo porgere momentanee scuse per mancanza effettiva di tempo; provo a rimandare un poco la scadenza. quello di cui posso esser certo è che in una plausibile playlist figurerebbe (figurerà?) Shabazz Palace con il suo Black Up uscito per la Sub Pop Records!
dire che attendevo questo disco da 17 anni sarebbe errato ma non falso, di certo conduce al più piacevole degli stordimenti. provo a riassumere: chiunque si ricordi dei Digable Planets non può non essere stato vittima del più evidente coito interrotto durato il breve spazio di due anni, fra la primavera del 1993 e il breve volgere dell’anno successivo. fu allora che il trio licenzio la più folgorante miscela di hip-hop alternativo, funk, soul e jazz con i due dischi Reachin’ (A New Refutation of Time and Space) (1993) e Blowout Comb (1994): dopodiché il silenzio, il nulla. campionatore spento e stereo off. una specie di scomparsa carsica, un addentrarsi nei sotterranei di produzioni e collaborazioni sempre meno evidenti fino allo sparimento. Ishmael “Butterfly” Butler, Mary Ann “Ladybug Mecca” Vieira e Craig “Doodlebug” Irving scomparsi, perduti.
e invece ecco risorgere Palaceer Lazaro: Ishmael “Butterfly” Butler resuscita a nuova vita e si battezza con nome che non potrebbe essere più appropriato. Shabazz Palace la sua creatura che torna a rimestare in quella stagione di politica, panafricanismo e islam che irradiò di bellezza la comunità afroamericana nei ’70 (Shabazz wikipedia docet). il suo disco Black Up è di stridente bellezza, profondo e denso ed ha il pregio di portare ulteriormente oltre l’hip-hop (lui lo aveva già fatto): oltre un presente che rischia lo stantio, oltre il genere. condividendo in pieno le sue parole rimando ad una puntuale ed acuta recensione di Matteo Losi.
da tempo mi riproponevo invece di condividere le radici dei due dischi dei Digable Planets, di scavare in quella fertile terra in cui il trio aveva seminato le proprie rime facendole germogliare sopra i sample memorabili che costituivano la spina dorsale di quei due dischi. se comincio a citare Sonny Rollins, James Brown, i Last Poets, Art Blakey, Roy Ayers, Rahsaan Roland Kirk, Curtis Mayfield credo si incominci a comprendere di quale orto io stia parlando.
e quindi ricordando quei due dischi (e i suoi due dischi ombra di sample) e questo splendido Black Up che si chiude l’anno. per tutto il resto ci sarà tempo nel prossimo.
è tutto. buon anno che giunge, a presto.
Shabazz Palace Black Up
Digable Planets Reachin’ (A New Refutation of Time and Space)
Digable Planets Blowout Comb
Reachin’ The Samples
Blowout Comb The Samples
i cloni delle copertine dei Digable Planets nascondono due dischi bellissimi.
Ciao Borguez
bellissimi eccome.
buon anno
Gran roba, hai ragione. E azz, me ne sono scordata in sede di classifica :/
Recupero i Digable Planets perchè mancano, grazie di cuore 🙂
attendo allora la tua playlist. e buon anno, visto che ci siamo.
a presto
gluglugluglu…
salute
Ciao, non devi essere lusingato per quelle richieste: è il riconoscimento minimo per tutto il lavoro che fai e per la passione che ci metti e che trasmetti.
Personalmente vivo il momento delle classifiche di fine anno con un misto di felicità e sofferenza: pur consapevole che, in fin dei conti, la mia classifica interesserà esclusivamente me (forse anche la mia compagna, che in un atto d’amore finge di appassionarsene ogni anno, e ogni anno la ringrazio per questo), compilarla mi impone un lavoro rigoroso e anche doloroso, benché a conti fatti piacevole e anche esaltante.
L’angoscia, poi, è quella di dimenticare un disco, di scoprirne un altro solo nelle settimane successive, o di capire poi, solo poi, che quello finito al quarto posto meritava qualcosa di più.
Mi scuso per il paragone forse poco elegante, ma insomma anche una pippa va fatta bene: non trovo immagine migliore da associare alla redazione della top ten di fine annata.
Tutto questo per dire che Gurrumul, Goldmund, Tinariwen, Diego Cigala sono le cose migliori che ho avuto la fortuna di ascoltare nel 2011. Anche Piers Faccini, Dead Combo, Lila Downs, e qualcos’altro ancora.
Non trovo Pedro Soler e credo mi piacerebbe, così come Caceres; non ho amato Fatoumata, Melingo non del tutto riuscito ma con tre o quattro pezzi straordinari, Bombino mi sembra sopravvalutato e il disco di Youm e i suoi Rabbini è pazzesco.
E poi ancora altro.
Come tutto questo finirà in fila indiana, non lo so.
Così, per il piacere di scrivere su questo spazio.
Un saluto a tutti,
e un caldo abbraccio a Borguez.
Caro Ronda,
quando la fatica della “pippa” playlist annuale sarà giunta al suo naturale compimento mi farebbe piacere poterla sbirciare, qui, altrove o dove vorrai.
due righe private ce le siamo già scambiate. anch’io sto meditando di scriverne. se sarà te lo farò sapere.
buon anno a te,
a presto
Non ritengo ché cotanto para-afrodisiaco disco(bolo) ché Le vado à suggerirLe potrà giammai rientrare nella Sua sicuramente irta et ricolma listasonora del fine d’anno, però, ecco, io, da buon scassalamiere senz’arte [né tantomeno parte], glieLo linko, peraltro moderatamente volentieri, ugualmente cotanto sottoboschivo link(o):
http://depositfiles.com/files/36q4ejlbr
[dicesi: Tamikrest – Toumastin].
Sè poi volesse (frùgalmente) farsi un’idea più veloce di quel col quale La tedio può (anche/volendo) origliare qùà:
http://soundcloud.com/pdis_inpartmaint/tamikrest-toumastin-ayitma
Malissimo(issimo) non dovrebbe (suppongo) farLe più di tanto.
Non sfascio oltre. As usual.
Or Vùàr.
il disco in questione rientra già nel recinto dei papabili dell’anno appena sfuggito. ringrazio s.c. per il suggerimento e mi permetto di estendere l’invito anche a lei e alla sua possibile playlist. la “pippa” (come si diceva più sopra) è sempre assai divertente, trastullo privato ma di interesse pubblico.
come vuole e quando vuole, io son qui.
e buon anno, certamente